Uno a zero per Bi’lin. Il villaggio della Cisgiordania simbolo della resistenza nonviolenta ha vinto la sua prima battaglia: l’esercito israeliano sta smantellando la sezione del Muro di Separazione che corre intorno a Bi’lin.
Dopo sei anni di marce settimanali verso il Muro, gli abitanti di Bi’lin possono festeggiare una piccola grande vittoria: uno dei rari casi in cui il governo israeliano è stato costretto a fare marcia indietro e attenersi alla sentenza dell’Alta Corte. A seguito di due petizioni presentate dal villaggio di Bi’lin, il tribunale aveva infatti stabilito più volte che il percorso del Muro nell’area di Ramallah era palesemente volto ad inglobare terre di proprietà palestinese di modo da annetterle alla vicina colonia ultraortodossa di Modi’in Ilit. Insomma, le ragioni di sicurezza c’entravano ben poco.
Dal 2005, il villaggio di Bi’lin in è messo in marcia, trasformandosi ben presto nel simbolo della resistenza pacifica e non armata in Cisgiordania: ogni venerdì i residenti del villaggio manifestano sotto la barriera di separazione, che in quest’area è fatta di mura e reti elettrificate, accompagnati da attivisti internazionali e gruppi israeliani. Non mancano aggressioni da parte dell’esercito israeliano, arroccato sopra e intorno al Muro: lanci di lacrimogeni, bombe sonore, proiettili di gomma hanno provocato negli anni due morti (un uomo colpito al torace da un lacrimogeno e una donna che ha inalato il gas) e centinaia di feriti tra i dimostranti. Ultimo attacco in ordine di tempo quello di venerdì scorso, durante la marcia dedicata a festeggiare la decisione del governo di smantellare il Muro: gas lacrimogeni e proiettili di gomma sono piovuti sopra gli oltre 500 partecipanti.
Ma tant’è, l’esercito si è dovuto piegare al volere dell’Alta Corte. Da qualche giorno, i bulldozer militari stanno demolendo il Muro, giudicato illegale già nel 2007. Dopo due anni di manifestazioni settimanali e la petizione presentata in tribunale dai residenti palestinesi, l’Alta Corte aveva dichiarato illegittimo il percorso che il Muro compiva intorno Bi’lin: quel tracciato non era stato ideato per proteggere Israele da infiltrati e attentatori suicidi, ma era palesemente volto ad implementare l’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania. La richiesta della Corte non si è fatta attendere: il 4 settembre 2007 ha ordinato allo Stato di cambiare il percorso del Muro in un lasso di tempo ragionevole.
Nove mesi dopo, visto il silenzio di Tel Aviv, i residenti di Bi’lin hanno presentato una seconda petizione, accusando Israele di non rispettare le decisioni della sua stessa Corte. Così a giugno 2008 il governo israeliano ha ideato un percorso alternativo, senza però riuscire a soddisfare l’Alta Corte: la maggior parte delle terre del villaggio sarebbero rimaste nella disponibilità totale dei coloni. La differenza tra il primo e il secondo tracciato? Quello nuovo avrebbe restituito a Bi’lin 40 acri di terra.
Il 3 agosto 2008 è arrivata la reazione del tribunale: il nuovo percorso presentava lo stesso vizio del precedente, Tel Aviv avrebbe dovuto ideare una terza alternativa. Terzo tracciato che è stato disegnato il 16 settembre del 2008: in questo caso, a Bi’lin sarebbero tornati 100 acri di terra. Progetto bocciato ancora: il 15 dicembre dello stesso anno l’Alta Corte ha giudicato il terzo percorso non conforme alla sentenza.
Ad aprile del 2009 Israele ha presentato una quarta alternativa, che permetterebbe così il ritorno nelle mani di Bil’in di 140 acri di terra dei 490 annessi dal percorso originario. E oggi il Muro viene smantellato, il villaggio è in festa, nella speranza che si tratti solo della prima di una lunga serie di vittorie. Perché, come sottolinea il Comitato Popolare di Bi’lin, si tratta del primo passo, la battaglia continua e continuerà fino a quando ogni singolo acro di terra non verrà restituito ai suoi legittimi proprietari.
Il colonnello Sa’ar Tzur, comandante della brigata regionale, ha detto ai giornalisti che la distruzione del Muro e la sua successiva ricostruzione costerà 9 milioni di dollari a Israele e farà sì che la barriera corra a 1,6 miglia di distanza dalla colonia di Modi’in Ilit (attualmente si trova a 2 miglia).
Il colonnello, lamentando le nuove difficoltà che l’esercito incontrerà nel caso dovesse fermare terroristi sulla via di Gerusalemme, ha parlato delle manifestazioni del venerdì come di atti di violenza incoraggiati da denaro pagato dall’esterno. I residenti di Bi’lin non si fanno intimidire, forti del risultato conquistato: “Continueremo fino a quando non otterremo tutti i nostri diritti – ha detto all’agenzia americana The Associated Press Rani Burnat, 30enne paralizzato dopo essere stato ferito in una manifestazione – Questa barriera non è stata costruita per motivi di sicurezza. Serve a rubare terre e a costruire colonie”.