Israele: no alle inchieste sulle Ong
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Israele: no alle inchieste sulle Ong

Non è passata al parlamento israeliano la legge proposta dal partito Ysrael Beitenu per indagare sui finanziamenti esteri alle ONG.

Israele: no alle inchieste sulle Ong
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21 Luglio 2011 - 18.35


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di Barbara Antonelli

Poteva essere un altro capitolo buio per la vita legislativa del parlamento israeliano, quello del voto, previsto mercoledì sulla proposta di indire due commissioni di inchiesta parlamentare sulle origini dei finanziamenti ad alcune ONG e associazioni israeliane etichettate come “di sinistra”. Una proposta fortemente voluta da Ysrael Beitenu, il partito della destra nazionalista guidato dal Ministro degli Esteri Avigdor Liberman e parte della coalizione al governo, che con questa legge aveva intenzione di segnare un punto a suo favore verso una legislazione sempre più restrittiva delle libertà democratiche, dopo l’approvazione della “Boycott Bill, passata in parlamento e presentata dal deputato Ze’ev Elkin, avvocato del partito Likud.

La proposta chiedeva sostanzialmente al governo di indagare su chi e in quali quantità finanzia le associazioni che monitorano i comportamenti delle forze armate israeliane, mettendone in luce le costanti violazioni e abusi a danno della popolazione palestinese.

Ma le pressioni del premier Netanyahu sui deputati del Likud perché votassero contro, ha scongiurato l’approvazione di un altro decreto antidemocratico, una vera e propria dichiarazione di guerra alle ONG, tra cui Yesh Din, Machsom Watch, B’tselem, Adalah, Breaking the Silence. Con 28 voti favorevoli e 57 contrari, la proposta non diventa legge, dopo un’accesa discussione tra i deputati.

Netanyahu già la scorsa settimana aveva annunciato che non avrebbe appoggiato in parlamento la proposta della destra nazionalista. Non tanto per “amor di democrazia”, ma per non rischiare la sua posizione, esprimendo il sostegno ad un’altra legge controversa. Il braccio di ferro tra Lieberman e Natanyahu era però iniziato nei giorni precedenti, quando il premier aveva invitato “ad agire con moderazione e cautamente”, dichiarandosi contrario alla legge ma lasciando la libertà di voto; dichiarazioni che il Ministro degli Esteri ha bollato domenica, come un tentativo di “de-legittimare” il suo partito e la legge da lui proposta. Per un altro rappresentante di Ysrael Beitenu, “il Likud la pagherà alle prossime elezioni”.

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I due promotori della legge, Danny Danon (del Likud) e Faina Kirshenbaum (Ysrael Beitenu) avevano addirittura raccolto 20 firme per sopprimere l’anonimità del voto; con lo scopo poi di “punire”quei colleghi deputati che non avrebbero votato a favore. Come evidenziato da un’analisi del quotidiano Ha’aretz, sebbene molti deputati del Likud, ancora prima dell’indicazione di Netanyahu, avessero espresso l’intenzione di bocciare la proposta, il fatto che il voto fosse segreto o meno, avrebbe potuto modificare l’esito. Fortemente contraria si era espressa Tzipi Livni che ha ieri condannato la proposta definendola “antidemocratica” e facendo riferimento ad “un vento scuro che soffia sul paese, creato dalla coalizione di Netanyahu”. Una coalizione che è finora tra le più stabili nella storia recente di Israele,e il cui comune denominatore é – secondo l’analisi di Carlo Strenger apparsa sempre su Ha’aretz – quello che Eric Fromm ha chiamato “fuga dalla libertà”.
“Obiettivo delle ONG è quello di sfibrare l’esercito” ha più volte dichiarato la deputata Fania Kirshenbaum. “La collaborazione tra organizzazioni israeliane e internazionali volta a danneggiare l’immagine dell’IDF (forze armate israeliane, ndR) e etichettare i soldati come criminali di guerra, deve essere fermata!” Con questo grido da caccia alle streghe, la deputata di Ysrael Beitenu, aveva promosso le commissioni di inchiesta. Aveva immediatamente fatto eco il Ministro degli Esteri; invece che una presenza indispensabile in uno stato democratico, le ONG come Adalah, Yesh Din, Breaking the Silence, New Profile, sono state definite da Lieberman “associazioni terroristiche che supportano gruppi terroristici”; associazioni che “fornirebbero informazioni distorte nel tentativo di de-legittimare lo stato di Israele”; un’affermazione gravissima, inaccettabile anche per chi crede (e sono molti in Israele nel mainstream benpensante), che siano diventate un monopolio della sinistra cosiddetta “radicale”.

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Immediata è stata la reazione di tre ONG, Yesh Din, Adalah e Breaking the Silence: in una lettera indirizzata al Ministro degli Esteri, hanno detto di essere pronte a citare Lieberman per diffamazione, per aver utilizzato “commenti mendaci e selvaggi” sul loro operato. Rappresentate dal noto procuratore Michael Sfard, nella lettera inviata si legge che “le accuse irresponsabili di Lieberman hanno sorpassato tutti i limiti accettabili nell’ambito del dibattito pubblico”. “Se Lieberman userà l’immunità a lui garantita dal fatto che è un parlamentare, afferma Sfard, l’opinione pubblica israeliana capirà che è spaventato dalla verità.” Anche l’organizzazione ACRI (Associazione per i diritti civili in Israele) aveva già da tempo lanciato l’allarme, contro una serie di proposte di legge mirate ad isolare e restringere le azioni delle ONG; condannando tre ulteriori iniziative presentate alla Commisione legislativa ministeriale, tutte riguardanti le ONG: la proposta (sempre di Yisrael Beiteinu) di revocare l’esenzione sulle donazioni che le organizzazioni ricevono dall’estero; limitare le donazioni che le ONG definite “politiche” possono ricevere da enti stranieri ad una somma pari a 20.000 shekel all’anno (proposta avanzata dal deputato Akunis del Likud); e infine la proposta, sempre del Likud, di presentare rapporti quadrimestrali sui loro finanziamenti esteri, pena una multa di 30.000 shekel nel caso rifiutino di sottoporsi a tale procedura.
In un comunicato stampa diffuso a nome di 16 organizzazioni, ACRI parla apertamente di “maccartismo”, facendo riferimento alla caccia alle streghe scatenata negli Stati Uniti contro i sospetti comunisti.
Molte organizzazioni avevano già risposto alla proposta di legge, sottolineando che tutte le risorse finanziarie che ricevono sono documentate nel rispetto del principio di trasparenza sui loro siti Internet.

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