Il leader di Fatah in isolamento dopo l'appello alla marcia
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Il leader di Fatah in isolamento dopo l'appello alla marcia

Barghuti in prigione in Israele aveva chiesto in una lettera alla sua gente di organizzare raduni e marce pacifiche a sostegno della proclamazione d’indipendenza.

Il leader di Fatah in isolamento dopo l'appello alla marcia
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22 Luglio 2011 - 15.30


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Marwan Barghuti ha pagato a caro prezzo l’appello rivolto nei giorni scorsi alla sua gente ad organizzare marce e raduni pacifici a sostegno della proclamazione unilaterale d’indipendenza che il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen dovrebbe fare a settembre. Le autorità del carcere israeliano dove il popolare leader dell’ala movimentista del partito Fatah si trova rinchiuso da nove anni e sta scontando una condanna a cinque ergastoli, lo hanno messo in stato di isolamento. Lo riferiscono fonti palestinesi vicine a Barghuti.

Ufficialmente, secondo le fonti, la punizione è scattata perché nella cella di Barghuti sarebbe stato ritrovato un telefono cellulare ma il provvedimento appare invece la conseguenza dell’esortazione rivolta ai suoi connazionali a sostenere la richiesta di riconoscimento formale da parte dell’Onu dello Stato di Palestina nei Territori occupati del 1967 (Cisgiordania , Gaza e Gerusalemme est capitale). L’unico dei leader di Fatah che riscuote consensi popolari e che gode di ampia stima, aveva descritto l’iniziativa all’Onu come «la battaglia di tutto il popolo palestinese…un passo importante che richiede il sostegno di ampie manifestazioni popolari e pacifiche qui e nella diaspora, nei paesi arabi e islamici e nelle capitali internazionali».

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Ma l’impegno di Barghuti, pagato a quanto pare con l’isolamento in carcere, si scontra con la posizione debole dei vertici di Fatah e dell’Anp. Il raìs Abu Mazen, di fronte alla contrarietà di Israele, Stati Uniti e di diversi paesi europei alla proclamazione unilaterale di indipendenza, sta abbassando i toni e ridimensiona gli obiettivi da raggiungere all’Onu. «Se avremo una risposta positiva (dall’Onu, ndr) – ha detto all’agenzia di stampa palestinese Wafa – torneremo ai negoziati con Israele sui confini, Gerusalemme, i profughi, i coloni, le risorse idriche e la sicurezza». Abu Mazen ha quindi aggiunto che i palestinesi «vogliono ottenere attraverso i negoziati la libertà e il diritto all’autodeterminazione», tralasciando il «particolare» di 18 anni di trattative con Israele non hanno portato ancora ad alcun risultato e che il suo popolo non ha ancora realizzato alcuna delle sue aspirazioni. Ciò mentre le autorità israeliane continuano a progettare la costruzione di nuove case per coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, anche nelle ultime ore. E’ opinione diffusa che all’Onu Abu Mazen non punterà realmente all’indipendenza ma proverà ad elevare lo status attuale dei palestinesi portandolo al livello di quello del Vaticano, ossia di «Stato non membro, Osservatore permanente».

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