Cisgiordania: Rashida si ribella ai maltrattamenti
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Cisgiordania: Rashida si ribella ai maltrattamenti

Sorella di Dalal Mughrabi e Generale delle forze di sicurezza, sta attuando una protesta contro i pesanti abusi sul posto di lavoro.

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28 Luglio 2011 - 15.50


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di Khadra Khalil

Il nome di Rashida Mughrabi non dice molto ad un lettore occidentale. Eppure questa donna palestinese che da poco ha superato i 50 anni, è piuttosto famosa tra la sua gente, anche tra quelli più giovani, e molto odiata in Israele. Rashida infatti è sorella di Dalal Mughrabi, la prima donna a guidare nel 1978 un commando di feddayyin palestinesi in uno degli attacchi più violenti contro Israele, ma soprattutto è un generale delle forze armate che ha avuto un ruolo importante nella resistenza. Ma oggi Rashida Mughrabi, nonostante il suo prestigio e il suo nome, è sistematicamente boicottata dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen e messa ai margini per motivi oscuri e inspiegabili. Qualcuno dice che paga la «colpa» di essere la sorella di Dalal Mughrabi alla quale è stata dedicata anche una strada a Ramallah tra le veementi proteste di Israele. Per altri la sua fermezza politica spaventa un establishment debole e soggetto a forti pressioni esterne. Così Rashida ha annunciato su Facebook di essere in sciopero della fame per protestare contro gli abusi enormi che ormai da mesi subisce all’interno del suo ufficio.

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Dopo avere servito la causa palestinese al fianco dello scomparso presidente Yasser Arafat, Rashida era tornata in Palestina nel 2009 grazie ad un permesso fornitole dal partito Fatah, di cui da fa parte sin da ragazzina, e occupa la posizione di Brigadiere Generale presso l’ufficio della Direzione Politica e Nazionale dell’Anp. Nel comunicato diffuso domenica su Facebook, Rashida scrive: «Dopo essere stata insultata ripetutamente sul posto di lavoro presso l’ufficio della Direzione Politica e Nazionale dell’Anp per avere insegnato i principi dei valori nazionali e la disciplina. Dopo che le mie richieste di fermare i ripetuti e prolungati abusi da parte della persona a capo del mio ufficio sono cadute nell’indifferenza… Come protesta contro l’apatia verso i valori e il diritto alla dignità, ho deciso di cominciare uno sciopero della fame da giovedi 21 luglio» e conclude «faccio appello agli ufficiali e a tutte le persone libere di accogliere la mia richiesta di essere trasferita in un altro dipartimento».

Al telefono, Rashida risponde con voce flebile, provata dallo sciopero della fame: «non sono né eccitata né tanto meno arrabbiata; sono solo una donna palestinese a cui è stata calpestata la propria dignità sul posto di lavoro. Nessuno della leadership politica ha fatto qualcosa per cambiare la situazione nonostante fossero tutti a conoscenza del mio problema. Lo sciopero della fame è solo l’ultimo atto di una lunga lotta per i miei diritti». Reduce da una serie di rifiuti, un paio di mesi fa Rashida si era appellata alla corte militare, come viene richiesto ai funzionari dell’esercito per la risoluzione di dispute, ma il tribunale non ha potuto pronunciarsi sul caso essendo il Presidente Abu Mazen, a capo della Sicurezza Nazionale, l’unico che può prendere decisioni rispetto agli alti gradi dell’esercito.

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Sembra infatti che nessun ufficio della sicurezza Nazionale facente capo ad Abu Mazen, sia disponibile ad accettarla. E’ un personaggio troppo scomodo, è considerata pericolosa e per quello che rappresenta agli occhi delle nuove generazioni palestinesi, palesemente stanche di una politica debole che non porta a nessun cambiamento e circondate da paesi in cui sono stati gli stessi giovani a dare il via alla «primavera araba». O forse un generale-donna è una figura che i comandi militari palestinesi non riescono proprio a digerire.

Sono proprio i giovani ad indignarsi, soprattutto quelli di Fatah, ormai da tempo scontenti della loro leadership politica, considerata corrotta ed incapace di trovare una soluzione equa per il popolo palestinese. Nel forum dei giovani di Fatah dilagano commenti contro i vertici del partito accusati di incapacità politica e di avere abbandonato i feddayn che, a differenza loro, hanno rischiato la propria vita per la liberta’ del loro popolo. Su Facebook , nella pagina dedicata proprio allo sciopero della fame indetto da Rashida Mughrabi, i giovani si organizzano, pensano di estendere lo sciopero della fame, di organizzare manifestazioni e contattano i media. Gruppi di giovani di Fatah hanno lanciato una campagna contro i media che non hanno voluto coprire l’accaduto (Maan News e Al Jazeera) e si preparano ad organizzare sit- in e nei centri delle città principali della Cisgiordania.

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Adnan Addamiri, «capo» di Rashida Mughrabi, preferisce non rispondere alle domande dei giornalisti e si limita a dire che “è vietato a un militare parlare con i media”. Tace anche la leadership di Fatah.

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