Siria: Assad reprime, ma teme la rivolta popolare
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Siria: Assad reprime, ma teme la rivolta popolare

Il regime continua a uccidere ma ha due grandi timori: l’insurrezione di Damasco e la defezione di pezzi significativi dell’esercito. [Riccardo Cristiano]

Siria: Assad reprime, ma teme la rivolta popolare
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1 Agosto 2011 - 17.39


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di Riccardo Cristiano

Il martirio. Stando al servizio meteorologico della Bbc oggi nella città siriana di Hama il termometro è salito fino a 43 gradi. Non deve essere facile per gli ottocentomila residenti resistere, visto che il governo di Bashar al-Assad ha fatto tagliare luce e acqua a tutti. Non è un misura nuova, il regime è ricorso tantissime volte a questo barbarica misura per piegare l’insurrezione in numerosi centri, piccoli o medi. Ma credo sia la prima volta per una grande città. E’ in questa città che questa mattina hanno fatto irruzione i fedelissimi del regime, causando secondo le prime stime centinaia di vittime.

Di padre in figlio. Hama è la città-martire per eccellenza del regime degli Assad. Chi può parlare di Siria e dimenticare il “capolavoro” di Assad padre, Hafez, quando in un giorno solo fece passare a miglior vita (peggiore di quella di suo suddito è difficile) ben 20mila abitanti di questa città. I fedelissimi di Hafez al-Assad minarono le mura della vecchia inespugnabile città insorta, mandando tutti al creatore, compresi ovviamente vecchi, donne e bambini. Assad junior è ricorso alla misura medievale a lui più cara, togliere a tutti luce e acqua, per poi mandare i suoi a cercare di “ripulire” le strade.

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Amici pericolosi. Ma perché? Perché Bashar al-Assad non ha voluto ascoltare i suoi più preziosi alleati, perché dopo essere andato avanti come un mulo con la “linea dura”, anche al costo di rompere con Turchia e Qatar, oggi non ha ascoltato neanche i “maestri” della linea dura? Bashar da mesi si è consegnato agli agenti iraniani e di Hezbollah, che secondo molte testimonianze sarebbero i veri istruttori della repressione, i fautori della politica dei desaparecidos. All’inizio, si ricorderà, i reparti specializzati che guidano la repressione, seguendo le istruzione del fratello di Bashar, Maher al-Assad, causarono in pochi giorni un numero molto alto di morti.


Pinochet d’Oriente.
Poi iraniani e Hezbollah avrebbero suggerito una strada diversa: per rendere la repressione “compatibile” con il mondo d’oggi, che si impressiona davanti alle carneficine, era molto meglio ricorrere a torture e detenzioni di massa. Così molti stadi siriani sarebbero stati trasformati in luoghi di detenzione di massa, sul modello sudamericano (epoca Pinochet-Videla).
Una scelta che in molti hanno ritenuto “azzeccata”. Il lungo silenzio mediatico sulla Siria ha retto fino ad oggi, e per romperlo c’è voluta appunto questa nuova strage di Hama, non ancora conclusa e quindi dal bilancio purtroppo ancora provvisorio.

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Escalation di morte. Chi tiene il conto delle vittime accertate in Siria dal 15 marzo scorso, data d’inizio dell’insurrezione contro gli Assadm, è arrivato a una cifra importante, quasi 2000. Ma il “gutta cavat lapidem” ha funzionato: era tempo che non si arrivava nel corso di una sola giornata a una cifra tale di assassini da riportare Damasco sotto i riflettori della grande stampa.

Dunque la domanda resta: perché? Perché la nuova strage di Hama? Isolato dal mondo, il regime avrebbe due grandi timori: l’insurrezione di Damasco e la defezione di pezzi significativi dell’esercito.

La carta “Stragista”. Con costi enormi il regime è riuscito a reprimere l’insurrezione dei piccoli centri, ma se la rivolta popolare esplodesse nelle grandi città, sarebbe la fine, accelerata da importanti defezioni militari, un campanello d’allarme di cui si parla da settimane e che proprio nelle ultime ore sarebbe tornato a farsi sentire dalla città polveriera del confine con l’Iraq. Allora, visto che la provincia e le periferie di Damasco ormai ribollono e visto che l’esercito dà sempre più inquietanti segni di rottura possibile, il regime avrebbe deciso di giocare la carta “stragista”, sperando che terrorizzi abbastanza da impedire l’esplosione di Damasco.

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