La crisi libica svuota anche le casse palestinesi
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La crisi libica svuota anche le casse palestinesi

Negli ultimi mesi gli stipendi dei dipendenti pubblici sono stati pagati in ritardo. Il presidente Abu Mazen è sempre più dipendente dagli aiuti occidentali.

La crisi libica svuota anche le casse palestinesi
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24 Agosto 2011 - 09.57


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di Marta Fortunato

Beit Sahour (Cisgiordania). Ramadan di crisi nei Territori Palestinesi Occupati. La disponibilità finanziaria nelle casse dell’Autorità Palestinese è in diminuzione e le conseguenze sulla realtà si sono già fatte sentire: ad agosto lo stipendio degli oltre 150.000 impiegati statali, di Cisgiordania e Gaza, è arrivato in ritardo e non si sa ancora quando verranno pagate le retribuzioni di settembre. Come risposta ai problemi finanziari che l’Autorità Palestinese è stata costretta ad affrontare dall’inizio del 2011, i sindacati dei lavoratori pubblici nei mesi di giugno e luglio hanno organizzato scioperi e proteste contro Salam Fayyad, primo ministro e ministro delle Finanze. Il mese scorso il leader dell’AP ha dichiarato che “il pagamento completo degli stipendi avrebbe ridotto in modo significativo la capacità di soddisfare altre necessità nel mese di agosto. Affermazioni fortemente criticate da Bassem Zakarna, capo del sindacato dei lavoratori, il quale ha accusato i vertici dell’AP di essere i responsabili della crisi finanziaria.

La stretta internazionale. Secondo quanto rivelato a IRIN (servizio stampa dell’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari) dal rappresentante del Fondo Monetario Internazionale Udo Kock, “la situazione finanziaria attuale dell’Autorità Palestinese sta peggiorando a causa del mancato finanziamento da parte dei donatori e poiché le entrate provenienti dalle tasse sono state minori di quelle previste”. E, in base a quanto dichiarato da Ghassan Khatib, portavoce di Salam Fayyad, la causa principale di questa mancanza di contanti è legata al fatto che i donatori arabi, in particolare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi hanno versato nelle casse palestinesi solo una parte del denaro promesso. Più di un quarto del budget palestinese totale deriva da donazioni provenienti dall’estero: nel 2010 i paesi donatori hanno dato all’AP 1.1 miliardi di dollari e la somma totale utilizzata per pagare i salari dei dipendenti pubblici e per sostenere altre spese governative è stata di 3.7 miliardi di dollari.

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La crisi in Siria e Libia rimbalza in Palestina. Da gennaio a luglio l’AP si è ritrovata con quasi 300 milioni in meno del previsto, secondo Khatib. I motivi principali di questi mancati versamenti sono legati alle recenti rivolte nel mondo arabo e ai problemi economici e politici che stanno affrontando paesi come Siria e Libia. Insomma, la difficile situazione finanziaria che stanno vivendo i territori palestinesi in questi mesi ha avuto conseguenze negative sulla vita quotidiana della popolazione, che durante il mese sacro di Ramadan è stata costretta a fare forti risparmi sul cibo. “Quest’anno vendo un quarto di quello che ho venduto lo scorso Ramadan” ha raccontato ad IRIN Amjad Baker, proprietario di una caffetteria a Ramallah. Anche Mohammed Musa, guardiano presso la municipalità di Ramallah, si è reso conto della crisi economica in corso: “l’anno scorso a casa mia a tavola c’erano due-tre varietà di cibo e invece ora c’è solo il minimo necessario”. Con una famiglia di 10 persone e uno stipendio che non raggiunge nemmeno i 500 dollari è difficile sopravvivere.

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Nuova povertà tra i poveri. La risposta dell’Autorità Palestinese è stata quella di sospendere gli iftar ufficiali (il pasto serale dopo la rottura del digiuno) destinati ai membri dell’AP e di destinare il denaro risparmiato alle famiglie palestinesi più povere. Secondo l’ufficio del presidente Fayyad, ogni anno la Mezzaluna Rossa degli Emirati Arabi verserebbe 223.000 dollari al ministero degli affari sociali dell’AP per i pasti del Ramadan per oltre 12.000 persone di Cisgiordania e Gaza e per l’acquisto di vestiti nuovi.In generale i dati sull’economia palestinese non sono incoraggianti: anche se l’FMI ha registrato una crescita economica rispetto agli anni precedenti, la situazione finanziaria palestinese rimane insostenibile.


Il blocco della striscia di Gaza.
La povertà è in aumento e il tasso di disoccupazione è elevato, pari al 17% in Cisgiordania e oltre al 30% a Gaza. L’occupazione israeliana della Cisgiordania e il blocco che Israele ha imposto alla Striscia di Gaza rimangono i principali problemi che l’Autorità Palestinese deve affrontare. Ma oltre a questo ci sono questioni interne: le casse del futuro stato palestinese si stanno svuotando. Anche a Gaza gli stipendi degli impiegati civili e militari sono stati pagati in ritardo negli ultimi otto mesi e più di due terzi del budget totale che il governo di Gaza ha a disposizione proviene da fonti esterne. E la crisi finanziaria dell’AP non può che peggiorare di fronte all’insicurezza per quello che accadrà a settembre riguardo ad un potenziale riconoscimento dello stato palestinese e per gli sviluppi possibili dell’accordo di riconciliazione che era stato firmato a maggio tra Fatah e Hamas.

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