La corsa del mondo verso la Pace Eterna passando per la Libia
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La corsa del mondo verso la Pace Eterna passando per la Libia

Nel 2010 il mondo ha speso 1630 miliardi di dollari per armi ed eserciti. Il 50% in più dal 2001. 236 dollari a testa, e senza un Tremonti planetario. [Ennio Remondino]

La corsa del mondo verso la Pace Eterna passando per la Libia
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Ennio Remondino Modifica articolo

30 Agosto 2011 - 10.03


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di Ennio Remondino

Il massacro libico e le armi italiane. Il 10 giugno del 2009 Gheddafi non è arrivato a Roma solo con la tenda e le amazzoni. Qualcuno portava anche un documento, un “Certificato di utente finale”, che ha dato il via ad oltre 10.000 pistole e fucili Beretta dall’Italia alla Libia prima dello scoppiare della guerra civile. Ora, Francesco Vignarca, su Altreconomia, denuncia la vendita di altre 7.500 pistole, 1.900 carabine e 1.800 fucili finiti alla fine del 2009 nelle mani del Comitato Popolare Generale. Triangolazione attraverso Malta. Assistiamo al loro uso ogni giorno.

Notizie scomode. I dati sono ufficiali ma solitamente ignorati dalla grande stampa. Se ne occupano il SIPRI, lo Stockholm International Peace Research Institute (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) e l’italiano Archivio Disarmo di Roma. In una ricerca condotta da Sara Rainelli escono fuori alcuni dati non scontati. Come era facile immaginare, la spesa militare top è degli Stati Uniti. Media mondiale di crescita nel decennio, più 32%, mentre l’America di Bush ha sbaragliato tutti con un aumento dell’81%.


I nuovo ricchi del mondo.
Spendono e spandono soldi armati in Sud America (+5.85), in Africa (+5.25), in Medio Oriente (+2.55) e in Asia-Oceania (+1.4%). Scende, piacevole sorpresa, l’Europa dove, dall’inizio della crisi nel 1998, abbiamo ‘ridotto’ i “consumi” militari del 2.8 per cento. Altri dati interessanti riguardano sei potenze regionali emergenti come Cina, Russia, India, Brasile, Turchia e Sudafrica. Tutti spendaccioni salvo la Turchia che, sorpresa, punta al risparmio con interessanti novità politiche per tutta l’area. Ora i dettagli.

Usa da Bush ad Obama. 2010 al risparmio in casa militare americana. Crescita media del 7.4% col guerriero Bush, calo al 2.8% dopo il fallimento iracheno e la disavventura afghana. Di fatto gli Stati Uniti continuano a spendere per la difesa l’enormità di 689 milioni di dollari. Cambia la minaccia e cambiano i consumi “armati”, tipo intelligence e difesa nazionale. L’uccisione di Osama bin Laden non tranquillizza sul fronte sicurezza, vero è che per il bilancio di previsione del 2011 è in crescita e quello per il 2012, +4% del 2010.


La Cina si avvicina.
Qui i dati sono frutto delle analisi SIPRI: la Cina dichiara un investimento per la difesa di 78 miliardi, mentre da Stoccolma dicono, 119 miliardi. Più 3.8% per quest’anno. Anche se la Cina cresce economicamente a cifre da brivido (+12%), le spese militari, nel decennio sono salite del 189%. L’Esercito popolare di Liberazione dunque si modernizza per concorrere con l’Occidente anche sul piano militare. E per contrastare quelli che lei definisce i “tre diavoli”: separatismo, terrorismo ed estremismo.

La Russia di Putin. In Russia i numeri si contraddicono: 58.7 miliardi per spese militari, -1.4% dal 2009, ma 82% in più dal 2001. Dal crollo dell’economia sovietica e nuovi petrodollari. Il primo Putin (2000-2004) aumenta la spesa militare del 60% (in termini reali). Putin due (2004-2008), decide invece il risparmio nel settore col -2.5%. Il conflitto con la Georgia nel 2008 ha nuovamente dato spazio alle spese militari facendo della modernizzazione delle forze armate una priorità nazionale con un aumento di spesa che supera le crescita economica del Paese.

L’India nucleare. La spesa militare dell’India nel 2010 è stata di 41.3 miliardi, più 2.8 rispetto all’anno precedente e un aumento del 54% nel decennio. Come per la Cina, la crescita economica generale coinvolge anche le spese militari. Nel bilancio ufficiale non vengono comprese le spese della difesa civile e delle forze paramilitari impegnate a contrastare i ribelli maoisti “Nakaliti” che combattono in difesa dei contadini nelle zone più povere del Paese. Molte le pressioni sulla sicurezza per il Kashmir e il conseguente conflitto col Pakistan.


Il Brasile di Lula.
33.5 miliardi nel 2010, 9.3% in più. Brasile guerrafondaio? Non proprio. Dal 2001 al 2009 la spesa militare reale è crescita del 30%. Merito del taglio del 20% deciso nel 2003 dal presidente Lula da Silva nel suo programma “Fame zero”. Da allora crescita “miliare” in linea con la crescita economica. Oggi, 2011, la neo presidente Dilma Rousseff propone un nuovo duro taglio del 27%. In assenza di minacce militari, il Brasile sceglie la salute e l’educazione per superare le ineguaglianze estreme di quel Paese.

La Turchia di Erdoğan. Quindicesimo paese per spese militari al mondo, la Turchia cambia politica e punta al risparmio. “Zero problemi con il vicino” è lo slogan. Grecia, Iran, Iraq e Russia non più nemici. Queste novità cambiano i conti. 17.5 miliardi nel 2010, che è -11,2 rispetto al 2001. Tagli di spesa e di ruolo dell’apparato militare per la Turchia che punta all’Unione europea. L’Esercito ora dipende da Parlamento e il Consiglio di Sicurezza Nazionale, quello che decideva i golpe, ha potere solo consultivo. Problema aperto l’antiterrorismo al PKK.


Sudafrica neo pacifista.
Quattro soldi rispetto ai Paesi sin qui esaminati: 4.5 miliardi nel 2010, ma sempre il più alto di tutta l’Africa sub-Sahariana con un 22% in più dal 2001 ma -20% quest’anno, rispetto al 2009. Svolta con la fine dell’apartheid nel 1994. Da allora è cresciuto più il ruolo economico della potenza militare, e la partecipazione da protagonista nelle istituzioni multilaterali e nell’Unione Africana. Meno forza militare e maggiore autorevolezza internazionale con la richiesta di membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu.

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