Ieri sera Dominique Strauss-Kahn, l’ex capo supremo del Fondo Monetario Internazionale e ritenuto il più serio pretendente alle prossime presidenziali francesi fino al recente scandalo sessuale, ha rilasciato una lunga intervista alla televisione francese. Finito in galera, esibito in manette, DSK è stato scagionato. Nessun reato. Dunque si candiderà alle presidenziali? No. Certo, DSK aveva qualcosa da dire sulla giustizia americana e lo ha fatto. Ha detto di aver avuto paura, di aver avuto l’impressione di essere calpestato ancor prima di poter dire una parola. Ma soprattutto ha chiarito che per lui quel rapporto sessuale che, senza esercitare violenza, ha avuto con la cameriera dell’hotel Sofitel è ” più grave di una debolezza, credo sia una colpa morale.
Non ne sono fiero, me ne rammarico infinitamente e credo di non aver ancor finito di pentirmene.” Poi ha aggiunto: “Quel che è successo non è soltanto una relazione inappropriata e immorale, ma più di questo. Una colpa verso mia moglie, i miei figli, i miei amici e anche verso i francesi, che avevano riposto in me le loro speranze di cambiamento. Ho mancato il mio appuntamento con i francesi”.
Se anche molti politici italiani avessero la statura di DSK forse l’Italia potrebbe ripartire. Invece Berlusconi preferisce dire di aver fatto quello che chiunque avrebbe fatto, Fassino rilascia interviste per dire che il significato politico del caso Penati non esiste, Bersani la pensa allo stesso modo. E Veltroni? Ammettere che aver fatto liste piene di Caleari è stato un fatto politicamente grave, la spia di un modo sbagliato di concepito il partito, non sarebbe utile? DSK non ha commesso reati, sia chiaro, ma parla di appuntamento mancato con i francesi.