Stato Palestina: alla conta dei voti
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Stato Palestina: alla conta dei voti

Obama all'Onu difende i negoziati e il veto. Abu Mazen va dritto per la sua strada. E tutti gli altri? In attesa di venerdì, cresce la tensione in Cisgiordania

Stato Palestina: alla conta dei voti
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23 Settembre 2011 - 10.17


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di Giorgia Grifoni

Abu Mazen andrà avanti, e domani (venerdì) presenterà la sua domanda di adesione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Nonostante l’opposizione statunitense alla richiesta palestinese, ribadita ieri dal presidente Obama durante la sua dichiarazione lunga 36 minuti e in netto contrasto con tutti i suoi precedenti discorsi sull’indipendenza dello stato palestinese. E nonostante il mancato sostegno francese all’iniziativa, che ha invece proposto a sorpresa un calendario per i negoziati israelo-palestinesi preparato ad hoc. Cosa ci si poteva aspettare da una nazione che sostiene il Marocco nell’occupazione del Sahara Occidentale? Il Canada ha già annunciato che voterà contro l’iniziativa seguendo passo per passo gli Stati Uniti, mentre la Repubblica Ceca sembra trovarsi in un gran dilemma: votare contro potrebbe pregiudicare le relazioni arabo-ceche e soprattutto i contratti per la vendita di caccia leggeri L-159 all’Iraq? Il Ministro degli Esteri è già corso a chiedere i pareri dei diplomatici in Medio Oriente.

Resiste l’America latina, i cui paesi avevano in maggioranza già allacciato rapporti diplomatici con l’Autorità palestinese e riconosciuto lo stato di Palestina. Il Paraguay ha affermato che riconosce uno stato palestinese libero e nei confini del 1967. “L’inclusione della richiesta palestinese di adesione alle Nazioni Unite nella suo calendario di attività- ha continuato il presidente Fernando Lugo Mendez- è stata la consacrazione del debito storico che le Nazioni Unite hanno con il popolo palestinese”.

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L’intervento del presidente dell’Argentina Cristina Fernandez ha dato un sospiro di sollievo ad Abu Mazen. La Fernandez si è detta certa che un riconoscimento a pieno titolo dello stato palestinese non potrebbe fare altro che giovare alla pace e alla sicurezza di Israele. La dichiarazione del presidente boliviano Evo Morales ha invece sollevato non poche proteste tra le fila degli oppositori dell’iniziativa palestinese. Morales, che ha fatto le veci del suo alleato sudamericano Hugo Chavez attualmente in trattamento chemioterapico all’Havana, ha tuonato contro l’imperialismo che “cerca di controllare tutte le risorse energetiche del mondo”. Ha espresso il suo pieno sostegno allo stato palestinese e ha accusato Israele di “bombardare, attaccare, assassinare e prendere la terra” dei palestinesi. Non avuto alcuna esitazione a definire il Consiglio di Sicurezza – o di “insicurezza”, come da lui chiamato- “un gruppo di nazioni che decide gli interventi e i massacri”.

A tal proposito, molte sono state le nazioni che hanno messo in discussione l’essenza stessa del Consiglio di Sicurezza e il potere di veto dei suoi cinque membri permanenti. Tra gli altri, il Messico ha chiesto una completa riforma del Consiglio di Sicurezza perché diventi realmente rappresentativo : “Non possiamo permettere – ha dichiarato il presidente Felipe Calderon – che il più grande organo sovranazionale del mondo rimanga l’organo decisionale di pochi”. La Corea del Sud ha auspicato un consiglio di sicurezza più democratico, mentre il Libano ha chiesto che venga rimodellato perché rifletta la realtà moderna. Anche la Svizzera ha chiesto una riforma dell’organo, aggiungendo di essere al lavoro con il quintetto permanente per un miglioramento dei suoi metodi decisionali.

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Nell’attesa della seconda giornata di dibattito in seno all’Assemblea Generale, cresce la tensione in Cisgiordania. Un migliaio di palestinesi hanno marciato questa mattina a Ramallah contro il discorso del presidente Obama alle Nazioni Unite. Slogan quali “Vergognatevi finti democratici” hanno accompagnato la folla che ha attraversato il centro della città. Il ministro dell’Informazione Mutawakkil Taha ha accusato Obama di parlare “come un colono israeliano”. “Quarantadue veti statunitensi alle Nazioni Unite- ha continuato Taha- hanno permesso a Israele di continuare l’apartheid nella regione, e il discorso di Obama ha esposto l’America, che fa finta di sostenere le rivoluzioni arabe”.
Nonostante i numerosi ostacoli che attendono al varco l’autorità palestinese alle Nazioni Unite, e il probabile insuccesso dell’intera iniziativa, le dichiarazioni della prima giornata hanno sollevato una questione fondamentale in seno all’organizzazione stessa: il potere di pochi di decidere per tutti. Potrebbe essere questo il vero successo della diplomazia palestinese.

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