Guerra all' Iran? C'è chi ci pensa
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Guerra all' Iran? C'è chi ci pensa

Ahmadinejad accusa Obama di cercare all’estero diversivi alla crisi economica. Ma in Usa si inizia a parlare non solo di sanzioni ma anche di risposte armate

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14 Ottobre 2011 - 10.56


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Negli ultimi giorni i tesi rapporti tra Washington e Teheran si stanno ulteriormente infiammando: gli Stati Uniti accusano l’Iran di aver ordito un complotto per uccidere l’ambasciatore dell’Arabia Saudita negli States e di aver progettato attacchi terroristici contro le ambasciate israeliana e saudita in Argentina. E mentre il governo di Mahmoud Ahmadinejad risponde sdegnato, accusando l’amministrazione Obama di cercare all’estero diversivi alla crisi economica americana, si inizia a parlare non solo di sanzioni ma anche di risposte armate contro l’Iran.

Il casus belli che l’America va da anni cercando contro l’Iran? Il sospetto che il potenziale complotto possa essere la giustificazione a scatenare una guerra contro il nemico iraniano si sta facendo strada tra diversi osservatori. Il Medio Oriente resta zona calda per eccellenza e un eventuale attacco terroristico da parte iraniana potrebbe motivare una reazione militare di Israele e Stati Uniti.

La notizia della preparazione dei presunti attentati sarebbe sul tavolo del presidente Obama da giugno, ma è diventata di dominio pubblico martedì, dopo l’arresto di uno dei due supposti attentatori, braccia del governo di Teheran. I due, nel mirino di Fbi e Dipartimento di Giustizia Usa, sarebbero due agenti legati alla Guardia rivoluzionaria iraniana (e in particolare al reparto al-Quds, suo corpo d’èlite) e secondo il ministro della Giustizia, Eric Holder, uno di loro avrebbe già confessato.

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Confessato di aver tentato di uccidere Adel al-Jubeir, ambasciatore saudita a Washington, e di aver ordito attentati terroristici contro le ambasciate di Israele e Arabia Saudita in Buenos Aires. Dietro di loro, la mano di Teheran. Il complotto omicida sarebbe venuto alla luce dopo che un cittadino americano di origini iraniane avrebbe contattato un investigatore statunitense, convinto di parlare con un uomo legato al narcotraffico messicano. L’uomo giusto per attentare alla vita dell’ambasciatore saudita: il compenso, 1,5 milioni di dollari. Al momento del pagamento dell’acconto (50mila dollari), l’Fbi avrebbe fatto scattare la trappola contro gli attentatori: uno di loro, finito in manette, avrebbe confessato la sua colpevolezza; l’altro si sarebbe rifugiato in Iran.

La tensione è subito salita alle stelle. Il Dipartimento di Stato americano ha immediatamente lanciato l’allarme: tutti i cittadini americani all’estero sono a rischio. Washington ha diramato un avviso avvertendo “i cittadini Usa della possibilità di azioni anti-americane” e invitando chi intende mettersi in viaggio a “prendere decisioni su piani o attività all’estero”.

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Ma soprattutto, spirano venti di guerra, guerreggiata e non. Washington si è già messa al lavoro insieme al fedele alleato britannico per stabilire eventuali nuove sanzioni contro l’Iran, mentre il presidente della Commissione parlamentare sulla Sicurezza Interna Usa, Peter King, ha detto alla Cnn che l’amministrazione Obama ha messo “sul tavolo tutte le opzioni, e non si può escludere una risposta militare”.

Risposta militare ad un attentato solo presunto, ma che in America è già considerato un atto di guerra. Il presidente Obama ieri è intervenuto chiarendo la posizione americana: il complotto “è stato diretto da persone del governo iraniano”, per la risposta a Teheran “nessuna opzione viene esclusa”. Per ora Obama ha parlato solo di un inasprimento delle sanzioni economiche per isolare l’Iran, ma la tensione cresce e molti osservatori temono che il “complotto” altro non sia che il casus belli di cui necessitano Israele e Stati Uniti per porre fine alla (ben poco concreta) minaccia Iran.

E Teheran risponde per le rime, accusando Washington di aver architettato una “sceneggiatura, un complotto americano e sionista”, utile a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi interni e da quella che viene definita “la rivolta popolare contro Wall Street”. A dirlo, ieri, il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehmanparast: “Questo è uno spettacolo ridicolo che punta a seminare discordia e ad aiutare il regime sionista a superare il suo isolamento e il governo americano a uscire dalla sua crisi interna ed esterna”.

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Dello stesso tono il commento del rappresentante dell’Iran alle Nazioni Unite. Mohammed Khazaee ha inviato una lettera al segretario generale Onu Ban Ki-moon esprimendo l’indignazione del suo governo per le accuse, dalle precise motivazioni politiche: “L’Iran condanna in modo categorico questa vergognosa asserzione e deplora ciò come un complotto diabolico in linea con la politica americana anti-iraniana”.

E mentre la Guida Suprema Khamenei non si esprime, l’ex presidente moderato Khatami accusa Ahmadinejad di essere la ragione del rinfocolarsi delle tensioni con Washington: basta dare pretesti agli Stati Uniti per attaccare l’Iran e per compromettere la sicurezza interna e l’integrità nazionale. Senza risparmiare una stoccata all’amministrazione Obama: che il presunto complotto non sia altro che la solita strategia elettorale dei presidenti in carica statunitensi per guadagnarsi una facile rielezione?

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