La Repubblica islamica iraniana ricorre sempre più spesso all’esecuzione di condanne a morte senza darne notizia né agli avvocati né ai parenti delle vittime. Si tratta di un fenomeno ormai quasi di massa. E’ quanto emerge da un rapporto di recentissima pubblicazione da parte delle Nazioni Unite.
Il cuore oscuro di queste condanne a morte eseguite senza la presenza di parenti o avvocati delle vittime è il carcere di Vakilabad, a Mashhad, dove nel 2010 sono state eseguite 300 esecuzioni senza testimoni.
Nel 2011 i prigionieri portati al patibolo senza testimoni sono stati almeno 146. Nel rapporto, agghiacciante anche per il numero dei casi di torture documentati, si sottolinea che molte vittime sono minori.
Molto spesso, secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, non ci sono accuse circostanziate a carico dei detenuti condannati a morte. L’accusa più frequente a carico delle vittime è il commercio o consumo di stupefacenti.