Palestina, lavorare con insicurezza
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Palestina, lavorare con insicurezza

Marwan ha perso il posto e l’assicurazione sanitaria dopo un incidente sul lavoro che lo ha lasciato invalido. Nei Territori più di un incidente al giorno.<br>

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24 Ottobre 2011 - 11.56


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di Emma Mancini

Marwan Ameen ha 20 anni e una placca di metallo nell’anca destra. Il 2 gennaio di quest’anno stava lavorando quando è caduto da una scalinata dell’azienda di computer CMC di Ramallah, in cui era impiegato da due anni e mezzo come tuttofare. Preparare il caffè, trasportare su e giù i pacchi di carta, le stampanti, i toner, fare le pulizie.

Una brutta caduta e Marwan si è ritrovato in stampelle e senza lavoro. “Dopo l’operazione chirurgica all’anca – spiega Marwan Ameen a Nena News – l’azienda ha mantenuto i contatti con me: visite, telefonate e il denaro per la riabilitazione per i primi sei mesi, come stabilito dalla legge palestinese del lavoro del 2000. Da gennaio a giugno ho ricevuto il mio salario, pagato per il 75% dall’assicurazione sanitaria e per il 25% dall’azienda CMC”.

Ma dopo sei mesi, la compagnia lo ha licenziato per sostituirlo con un altro lavoratore, che fino a quel momento aveva lavorato senza contratto al posto di Marwan. Il giovane si è così ritrovato senza stipendio. E senza assicurazione sanitaria. Insomma, senza mezzi per pagarsi le cure, necessarie a rimettersi in sesto e tornare a lavorare.

“A togliermi l’assicurazione – continua il giovane – è stato il Medical Committee, comitato medico palestinese che valuta le condizioni dei lavoratori in malattia o infortunio. Dopo aver visionato la diagnosi e la prognosi redatte dal chirurgo che mi ha operato, il comitato ha stabilito che nessun danno grave era stato riportato: sono in grado di lavorare, questo il responso. Quindi non necessito di alcuna assicurazione sanitaria né di riabilitazione. Non mi hanno nemmeno voluto vedere”.

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A redigere il responso è stato uno dei periti legali del comitato che è allo stesso tempo avvocato dell’azienda CMC, ex datrice di lavoro di Marwan. Un conflitto di interessi che sta seriamente danneggiando il giovane lavoratore, costretto ogni tre settimane a tornare in ospedale per verificare le proprie condizioni di salute: tra un anno il chirurgo ha pianificato una nuova operazione, per rimuovere la placca di metallo dall’anca. Ma senza la riabilitazione necessaria, l’operazione dovrà essere cancellata.

“Mi sono rivolto pochi giorni fa al Ministero del Lavoro – spiega Marwan – che mi ha indirizzato verso l’organizzazione palestinese Democracy and Workers’ Rights Center”. L’organizzazione, da anni impegnata nella tutela dei lavoratori palestinesi, gli ha fornito un legale che sta ora preparando un rapporto (che tenga conto di quello redatto dal chirurgo) da presentare nuovamente al Medical Committee. L’obiettivo è ottenere dal comitato una seconda valutazione, che riconosca i gravi danni riportati da Marwan e la sua attuale invalidità. L’unico modo per riottenere l’assicurazione sanitaria.

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Palestinesi al checkpoint verso Israele, dove le condizioni di lavoro sono migliori
Quello di Marwan non è un caso isolato. Gli incidenti sul lavoro nei Territori Occupati sono all’ordine del giorno e la legge palestinese del 2000 tutela solo in parte i lavoratori. Secondo il rapporto annuale dell’Ufficio Generale per l’Ispezione, la Salute e la Sicurezza del Lavoro, il numero di incidenti sul posto di lavoro in Cisgiordania sono stati 444 nel 2009 (su circa un milione e mezzo di occupati), ovvero una media di 37 incidenti al mese, più di uno al giorno.

I valori, come ammette l’Ufficio stesso, sono sicuramente sottostimati rispetto alla realtà per una serie di ragioni. In primo luogo, il numero e la qualità delle ispezioni sono insufficienti a coprire l’intera economia palestinese: i sopralluoghi nei luoghi di lavoro sono troppo pochi e poco efficienti. Ne è prova il fatto che nel 2009, quando l’Ufficio Generale ha raddoppiato i controlli, è stato registrato un numero quasi doppio di incidenti sul luogo di lavoro rispetto agli anni precedenti.

In secondo luogo, la scarsa collaborazione dei datori di lavoro, che nella maggior parte dei casi non denunciano gli incidenti. Mentre i lavoratori tacciano per paura di perdere il posto.

Dai dati forniti dal Palestinian Central Bureau of Statistics, nel 2008 la percentuale di lavoratori regolari con un’assicurazione sanitaria privata era pari al 33,7%, mentre il 4% dei dipendenti era coperto da quella governativa e il 35% da quella sugli incidenti sul lavoro. “Stipulare un’assicurazione sanitaria ai dipendenti neo assunti – spiega Amira Zuheir Mustafa, coordinatrice delle relazioni esterne dell’organizzazione DWRC – non è un obbligo per il datore di lavoro. Che può scegliere: o l’assicurazione o qualche soldo in più al mese nello stipendio”.

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Nonostante la legge sul lavoro del 2000 preveda specifiche norme per garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro, il 65% delle aziende e delle compagnie non ha mai provveduto ad adeguarsi. In particolare, secondo i dati dell’Ufficio Generale per l’Ispezione, solo nel 70% dei luoghi di lavoro sono presenti estintori contro gli incendi e soltanto nel 40% uscite di emergenza in caso in incidente. E i numeri si traducono in pericolo: secondo il rapporto 2011 del Ministero del Lavoro dell’Autorità Palestinese, il 7,5% dei lavoratori regolari è esposto al serio e concreto rischio di incidenti sul lavoro (il 9% in Cisgiordania, il 2,9 nella Striscia di Gaza).

E i dati parlano chiaro: il 26,3% degli impiegati nel settore industriale, il 23,5% dei dipendenti nel settore delle costruzioni e il 37,1% dei lavoratori nel settore artigianale è stato soggetto ad un incidente sul lavoro.

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