Armi italiane alla Libia, storia segreta/2
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Armi italiane alla Libia, storia segreta/2

Quel carico di armi sequestrato durante la guerra nella ex Jugoslavia che prende la rotta verso il sud Mediterraneo, tra Sirte e Tripoli.

Armi italiane alla Libia, storia segreta/2
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30 Ottobre 2011 - 14.34


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di Sergio Finardi


Prima il collaudo. Dove siano state trasportate le armi dopo essere giunte dalla Sardegna al porto di Civitavecchia non è dato ufficialmente sapere, ma alcuni elementi noti – che si trattasse anche di missili e razzi – potrebbero indicare che le armi siano state portate, almeno temporaneamente, in due complessi della Marina, uno collocato sull’Appenino nei pressi di Aulla in provincia di Massa e Carrara (CIMA, Centro interforze munizionamento avanzato di Aulla, sotto la direzione del Maridipart La Spezia), e l’altro nei pressi di Priolo Gargallo (Officina missili della Direzione di Munizionamento “Cava di Sorciano”, sotto la direzione di Marisicilia e Maribase Augusta), una decina di chilometri da Siracusa a sud e da Augusta a nord, dove ha base la flotta militare italiana interessata al conflitto libico.


Data di scadenza controllata. Poiché anche missili e razzi hanno una “data di scadenza” (relativa alle loro cariche) potrebbe ben darsi che abbiano fatto una sosta ad Aulla o a Cava di Sorciano per “rigenerarsi”. Notizie di stampa, per primo il sito Globalist, hanno – sulla base di fonti che non è possibile verificare – fatto circolare l’ipotesi che il carico uscito da Santo Stefano fosse il secondo di invii di armi effettuati per sostenere le forze antigovernative libiche. Tali invii si sarebbero mischiati ad aiuti “umanitari” – inizialmente il 7 marzo scorso con il viaggio Catania-Benghasi del pattugliatore italiano ITS Libra  della classe Cassiopea. La nave militare, che sbarcherà poi il suo primo carico a Benghasi e rientrerà ad Augusta il 9 marzo, aveva un equipaggio di 83 marinai coadiuvato – forse a scanso di assalti – da 18 fucilieri del Reggimento San Marco, le nostre forze speciali in servizio nella Marina.


La caverna di Guardia del Moro. Rimangono infine due importanti quesiti: quali armi, e in quale quantità, erano stoccate nelle gallerie della Caverna di Guardia del Moro in provenienza da sequestro della Jadran Express? Quali e quante ne rimangono? All’ultima domanda non vi sarà risposta sino al completamento dell’attuale inchiesta della Procura di Pausania, ma alla prima è possibile rispondere con l’analisi dei documenti del già citato processo di Torino del 2001 (che si concluse definitivamente con una sentenza della Cassazione del 2005 che proscioglieva gli imputati per un presunto difetto di giurisdizione italiana sulle loro azioni, ma confermava il sequestro delle armi per violazione dell’embargo ONU). Il punto di quanto c’era e quanto rimane non è elemento secondario perché la disponibilità incondizionata di considerevoli arsenali di armi “fantasma” potrebbe facilitare anche in futuro altre operazioni di “trasferimento” con destinazione…segreto di Stato.


Balle di Stato e balle di cotone. Vediamo dunque di comprendere che armi vennero sequestrate nel 1994. Nelle analisi e notizie pubblicate sia al tempo del processo che in questi mesi si parla quasi sempre di 2.000 tonnellate di armi, stipate in 133 dei 509 containers che viaggiavano sulla Jadran Express, proprietà della Croatia Line e battente bandiera di Malta).Sembra che il loro destino sia stato quello di essere accompagnate da una falsa descrizione nei documenti di carico. I “motori” erano allora “balle di cotone” e “cascami di rame”… Le armi erano destinate, attraverso il porto croato di Rijeka, a raggiungere la Bosnia, in violazione dell’embargo ONU. Erano l’ultima (e l’unica che si è riusciti a bloccare) delle 12 spedizioni che la Procura di Torino (sostituto procuratore Paolo Tamponi) e la DIA avevano individuato come organizzate dal gruppo sotto processo, per un totale di 15.000 tonnellate e 200 milioni di dollari di valore.


007 ukraini, inglesi e italiani. La nave era stata fermata grazie ad una operazione congiunta dei servizi segreti ukraini, inglesi ed italiani. Ufficialmente diretta in Nigeria in provenienza del porto ukraino di Oktyabrsk (ancora oggi all’origine di molti carichi di armi diretti in Africa), la nave aveva invece fatto rotta verso l’Adriatico, con una prevista fermata a Venezia. Il 9 marzo del 1994 veniva invece ingaggiata da forze speciali inglesi nel canale di Otranto e poi consegnata ad unità italiane che l’avevano inizialmente costretta ad ancorare a Brindisi e in seguito a Taranto, dove sarebbe poi arrivata l’11 marzo. La nave era stata sottoposta a sequestro e lascerà Taranto solo il 4 marzo del 1995, cambiando subito il nome in “Hrvatska”, cioè “Croatia”. I container con le armi rimasero a Taranto, “dimenticati” per altri 5 anni sino al trasporto alla Maddalena, ancora tramite una nave mercantile a detta dell’allora ministro della Difesa Martino.


I conti non tornano. Le 2.000 tonnellate corrispondono quasi esattamente al carico medio di 133 container da 20 piedi, 15 tonnellate ciascuno. Tuttavia, se analizziamo l’elenco delle armi come riportato nella sentenza del 5 marzo 2002 di rinvio a giudizio degli imputati del processo di Torino e facciamo qualche calcolo in base ai pesi medi netti del tipo di armi e munizioni menzionati, troviamo cifre piuttosto lontane dalle 2.000 tonnellate, anche considerando d’aggiungere un 30% in più per gli imballaggi. Tale percentuale può essere verificata con il manifesto di carico di un’altra nave, la MV Anne Scan, che nel 2008 portava 1.000 tonnellate di armi simili a quelle della Jadran da Oktyabrsk a Dar es Salaam, in Tanzania, per conto del ministero della Difesa ugandese. In tutto non si andrebbe oltre le 900 tonnellate.


1000 tonnellate scomparse. La Direzione Investigativa Antimafia ha i documenti relativi al carico effettivo e solo dall’esame di questi documenti si potranno avere delle certezze al riguardo, ma per il momento – come per tante altre cose in questa vicenda –  i conti non tornano. Le mille tonnellate che mancano all’appello nella differenza tra quanto si disse era stato sequestrato sulla Jadran e quanto riferito nella sentenza di rinvio a giudizio non sono mai esistite perché le notizie erano errate o sono finite da qualche parte prima di giungere (o dopo essere giunte) alla Maddalena nel 1999?Utile la tabella in possesso (in basso pagina) del Tribunale, si tratta invece di missili calibro 122mm, che, propriamente parlando, non sono proiettili per lanciarazzi multipli Katyusha (B-8, BM-13), come riferito dai media, ma proiettili HE 9M22U a frammentazione per lanciarazzi multipli tipo BM-21 (Grad) con 20 km di gittata massima.


* Sergio Finardi è direttore del centro internazionale di ricerca TransArms (Chicago, USA). Il centro si occupa in particolare di logistica del commercio e traffico di armamenti.


** Questa inchiesta è stata pubblicata per la prima volta da Altreconomia, nel blog “I signori delle guerre” – http://www.altreconomia.it/signoridelleguerre”.

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