Elezioni in Egitto: islamisti in pole position
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Elezioni in Egitto: islamisti in pole position

Le formazioni islamiste proveranno ad arrivare ad una maggioranza in grado di dettare condizioni nel nuovo Parlamento e sulla nuova Costituzione.

Elezioni in Egitto: islamisti in pole position
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5 Novembre 2011 - 10.53


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* di Paolo Gonzaga


Festival islamista. La manifestazione del 29 Luglio 2011 in Piazza Tahrir, risoltasi in un festival islamista, aveva spaventato l’Egitto laico e l’Occidente. Un pomeriggio in cui la piazza si era colorata del verde dell’islam, in cui gli slogan erano tutti incentrati sull’applicazione della shari’a, le bandiere verdi dell’Arabia Saudita, con la spada e scritta sopra la professione di fede islamica o quelle sempre verdi di Hamas, il ramo palestinese dei “Fratelli Musulmani”, riempivano la piazza a migliaia. Significativamente era totalmente scomparso il bianco, rosso e nero dei colori della bandiera egiziana, che erano poi i colori della rivoluzione. Un milione abbondante di militanti islamisti, per la maggior parte composto da uomini con addosso gli abiti tradizionali islamici, barbe lunghe e baffi rasati, tipici dei salafiti che seguono letteralmente i detti del Profeta, o barbe corte e curate, vestiti più “borghesi” per i Fratelli Musulmani, niqab e hijab nelle zone riservate alle donne, e gli slogan contro lo Stato laico, contro i laici tutti, i copti, Israele e l’Occidente.

Fratelli musulmani e salafiti. Questa manifestazione aveva materializzato le paure che erano nei cuori di molti egiziani e che raramente avevano avuto modo di emergere. Aveva fatto venir fuori ciò che molti temevano ma che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di estrinsecare o di denunciare ad alta voce: il rischio di un’alleanza organica fra Fratelli Musulmani e salafiti che potrebbe far tornare l’Egitto indietro di secoli. Poi le alleanze pre-elettorali, i dibattiti sullo stile di vita da imporre anche ai turisti in Egitto – divieto totale degli alcolici, divieto di bikini e di soli slip per gli uomini nelle località di villeggiatura, ripristino del visto obbligatorio per gli stranieri presso le ambasciate egiziane e non più come oggi con possibilità di farlo direttamente all’aeroporto egiziano d’arrivo, sistema bancario in veste islamica da ripristinare – avvenuti e rilanciati da elementi dell’area politico-religiosa che vede i Fratelli Musulmani e i vari gruppi salafiti per la prima volta legalmente e pienamente attori politici, attraverso dei propri partiti politici ufficiali.  

Radici comuni. I rapporti fra queste due formazioni maggiori a livello dell’islam politico sono sempre stati altalenanti: avendo radici comuni, i momenti di alleanza si sono alternati ad altri di litigiosità e addirittura inimicizia. Ora, per quelle che saranno le prime elezioni egiziane libere, fino a poco prima della chiusura delle registrazioni degli schieramenti, sembravano ormai marciare compatti verso la lista unica islamica, i Fratelli Musulmani, il gruppo più organizzato e di massa in Egitto, i gruppi islamici moderati, e soprattutto i vari partiti salafiti.

Il Partito della luce. Ma le differenze e le profonde divergenze sono emerse durante la compilazione delle liste della coalizione dell’ “Alleanza Democratica per l’Egitto” in cui entrambi erano dentro agli inizi. Tuttavia il più forte partito salafita, il “Hizb an-Nur” (“Il Partito della Luce”) ha deciso di ritirare il proprio appoggio, sia per diverbi sulla compilazione delle liste e sia perché la coalizione comune con il “Freedom and Justice Party” (FJP), il partito ufficiale dei Fratelli Musulmani, comprendendo anche numerosi altri partiti minori definiti come laici, veniva quindi percepita come troppo secolare. Quindi i gruppi e partiti salafiti hanno deciso di creare un vero e proprio blocco salafita indipendente e composto esclusivamente da partiti di questa tendenza, guidato dal potente “Hizb an-Nur”.

Coalizione salafita. Sicuramente l’ingordigia del partito “Freedom and Justice” ha avuto un suo ruolo nella separazione delle coalizioni, ma antiche rivalità, incomprensioni, competizione politico-religiosa, e rapporti molto altalenanti e spesso conflittuali con i salafiti sono emersi come era naturale che fosse. Perciò i vari partiti salafiti hanno creato una loro coalizione elettorale che sfiderà quella dei Fratelli Musulmani. Anche se, ormai terminata la possibilità di registrazione per le elezioni – già prolungata al 22 Ottobre proprio per consentire la registrazione anche ai numerosi nuovi partiti che in rari casi sono riusciti a presentare liste proprie in tutto l’Egitto- sono poi ripresi rapporti amichevoli tra Fratelli Musulmani e salafiti. Le due formazioni alla fine stanno cercando di trovare un accordo generale sulle liste degli indipendenti dove potranno, 1/3 del Parlamento, ma comunque il correre per il proporzionale con liste diverse e in competizione l’una con l’altra senz’altro indebolisce la componente islamista.

Patti di desistenza. Probabilmente accortisi dell’errore compiuto nel dividersi elettoralmente, i due gruppi hanno concordato dove hanno potuto fino ad ora, delle sorti di “patti di desistenza” soprattutto riguardo al terzo del “Maglis ash-Shaab” (Consiglio del Popolo, corrisponde all’italiana Camera dei Deputati) riservato agli indipendenti, con lo scopo di creare una maggioranza “islamica” che scriva una Costituzione in cui la shari’ah abbia un ruolo fondamentale.

Mediazione degli Ulema. Il leader della coalizione guidata dai Fratelli Musulmani ha comunicato anche, che ufficialmente le due coalizioni stanno trovando delle convergenze su candidati comuni, citando il caso del seggio per gli indipendenti in una circoscrizione elettorale a Giza, ma non sembra gran cosa. Forse quindi riusciranno di più gli appelli degli “’ulema” dell’islam politico, che spesso fungono da elemento religioso unificante soprattutto tra le rispettive basi e che hanno lanciato un appello a supportare i candidati dei partiti islamisti. Un leader e predicatore salafita molto famoso come Mohammad Hassan, riferimento religioso dei salafiti, con particolare successo presso l’“Hizb an-Nur” rimane un modello ed esempio religioso anche per un comune sostenitore dei Fratelli Musulmani, e così la stessa Fratellanza, consapevole di ciò, spesso deve allargare a predicatori come lui o Mohammed Hussein Yaq’ub, diventato noto per aver equiparato la vittoria nel referendum sugli emendamenti alla Costituzione ad una delle vittorie nelle battaglie sostenute del Profeta Mohammad.  Recenti commenti da parte salafita, parlando dei Fratelli Musulmani  e del rapporto con loro sostengono: Abbiamo tutti un obiettivo comune, quello di sostenere la shari’ah islamica. Un segnale piuttosto inquietante. Alcuni leader salafiti hanno perfino chiamato al voto islamico come dovere religioso, come era ovvio attendersi.

Tradizionalisti e moderati. Come già enunciato sopra, fino a pochi giorni prima del termine finale per la registrazione ufficiale, tutti i partiti islamisti erano convenuti nell’”Alleanza democratica per l’Egitto”. In essa si erano uniti quasi una decina di partiti islamici, con uno schieramento che andava dal “Freedom and Justice Party” (FJP) passando per i vari piccoli partiti usciti dai Fratelli Musulmani perché su posizioni più riformiste e in generale seguaci del noto ex-esponente moderato di rilevo della Fratellanza, candidato alle elezioni presidenziali Abdel Mon’eim Abu al Futtuh. È stato espulso poco dopo la caduta di Mubarak, ufficialmente per la sua contravvenzione al divieto autoimpostosi dai Fratelli Musulmani di non esprimere candidati propri alle presidenziali, molto probabilmente invece per le sue posizioni ormai così moderate e riformiste da essere incompatibili con la leadership, specie con la leadership più recente che vede come Guida Suprema lo sheykh Mohammed Badi’e, ex-carcerato con Sayyd Qutb, che ha omaggiato nel suo discorso inaugurale, ed esponente dell’ala più tradizionalista e conservatrice.

Rimasugli della storia. Nell’”Alleanza democratica per l’Egitto” erano inclusi i vari partiti salafiti, da “Hizb An-Nur” (“Partito salafita della Luce”), ben piantato ad Alessandria, alle ex-“al jamaat al islamiyya”, storica formazione con forti radici nel Sa’id, le campagne nel centro-sud d’Egitto, la cui leadership storica a causa dei gravi crimini di cui si era macchiata l’organizzazione negli anni ’80 e ’90 era finita in prigione ma vi è uscita recentemente o addirittura dopo la rivoluzione, fino alle altre formazioni salafite. Inoltre, assieme ad alcuni nasseriani, al Ghad, ed altri, rientrava nell’alleanza lo storico partito conservatore Wafd, erede di quello più antico e primo partito politico nella storia egiziana dall’indipendenza dagli Inglesi.

I seggi in Parlamento. Ma il “Wafd” (”Delegazione”) è stato anche il primo ad andarsene e a decidere di correre per conto proprio poiché il problema principale con i Fratelli Musulmani è stato sicuramente la ripartizione dei seggi. Infatti la contestata legge elettorale egiziana prevede l’elezione di 2/3 dei parlamentari attraverso liste con modello proporzionale, e 1/3 riservato agli indipendenti. Perciò i partiti, praticamente tutti, eccetto il FJP che ha una struttura unica e possente in Egitto – quella dell’organizzazione dei Fratelli Musulmani – consapevoli in buona parte di non essere spesso in grado di presentare liste ovunque, si sono associati in grossi raggruppamenti, così da compensarsi l’un con l’altro nel coprire tutto l’Egitto con proprie liste elettorali e correre in tutti i distretti. Il FJP non avrebbe avuto questo problema di certo, ma la cauta strategia internazionale dei Fratelli Musulmani gli ha fatto preferire il far parte di una coalizione, sebbene sotto il suo controllo totale, che rischiare di spaventare il mondo nel caso di clamoroso successo.

L’inciampo dei simboli. Sempre in questa ottica, il FJP per non spaventare troppo l’Occidente aveva annunciato di correre soltanto per il 40% dei seggi, poi rialzato a circa il 70%, oltre a rappresentare all’interno della loro coalizione circa il 75% dei candidati. La rottura con “Al Wafd” è anche per motivi di visibilità. Infatti la legge vuole che le Coalizioni si presentino con il simbolo di un solo partito, rappresentante dell’intera coalizione, perciò il Wafd sembrava non molto propenso a correre sotto la bandiera del simbolo dell’FJP che ovviamente egemonizzava ed egemonizza ancora di più oggi la coalizione tutta. Infatti l’”Alleanza democratica” si è assai assottigliata, con soltanto pochi altri piccolissimi partiti. Inoltre rispetto alle liste per i candidati indipendenti pare che il FJP se ne prenda circa il 90%. Gli altri partiti che sono rimasti a farne parte sono il piccolo partito islamista conservatore “Al Islah” (“La Riforma”), parte dei Nasseriani rappresentati in “al Karama”, i liberali del “Ghad” (“Domani”) e altri micro-partiti….

Islam politico spaccato. Di conseguenza l’Egitto andrà alle elezioni con le formazioni dell’islam politico spaccate in differenti coalizioni, ma che cercheranno comunque di non competere troppo tra di loro, “al fine di arrivare ad una maggioranza islamica” in grado di dettare condizioni nel nuovo Parlamento, ma soprattutto nella redazione della nuova Costituzione.

Moderati, radicali e “nasseriani”. Riassumendo: al centro  gli islamisti moderati, ovvero il partito che fu espressione di una scissione netta e dolorosa dalla Fratellanza verso la metà degli anni ’90, “Hizb al Wasat” (“Partito del Centro”), e l’altro partito fuoriuscito dai Fratelli Musulmani solo dopo la Rivoluzione, il “Hizb al  Riyadah”, guidato dal moderato colonnista del quotidiano “Al Masry al Youm”, Haitham Abu Khalil; poi la coalizione dei Fratelli Musulmani, l’“Alleanza Democratica per l’Egitto” di cui abbiamo parlato abbondantemente sopra con il “Freedom and Justice party” espressione ufficiale della Fratellanza, gli islamisti radicali di “Al Islah”, uno dei piccoli partiti “eretici” nasseriani, “al Karama” e poche altre micro-formazioni – in sostanza la lista elettorale dei Fratelli Musulmani; infine l’ala ultra-radicale raggruppata nella coalizione salafita e guidata dall’ “Hizb an-Nur”, poi il “qutbista” “Hizb al Asala”, (“Partito dell’Originalità”), la tradizionalista “Salafist Current”, che coprono essenzialmente Alessandria, il Cairo ed il Nord Egitto, ed il  “Construction and Development Party”, “Bina’a wa Tanmiya”, il braccio politico di Al Jamaa al Islamiya, fortissimo nel centro-sud Egitto.

Gli ex jihadisti. Capolista sarà “Hizb an-Nur” che è il più forte ed organizzato, creato dagli attivisti di “Salafi Da’wa”, una delle tendenze più possenti in Egitto e che da tempo si è radicata profondamente ad Alessandria. “Hizb al Asala” è un partito molto vicino alle tesi di Sayyd Qutb, mentre il “Bina’a wa Tanmiya” degli ex-jihadisti, ha come orizzonte la creazione di un Califfato internazionale, vagheggiando un asse islamico che coinvolga la Turchia e l’Iran.

Copti e donne esclusi. Tutti questi partiti sono apertamente contro la possibilità per i Copti o per le donne di svolgere alcune funzioni, come ad esempio il Presidente della Repubblica o il giudice. I Fratelli Musulmani invece su questo sono meno chiari. Si sono espressi con posizioni diverse e cercano comunque di non lasciar trasparire quelle loro reali in pubblico. Nella bozza del programma del 2007 prima erano sulle stesse convinzioni dei salafiti, successivamente hanno ammesso la necessità di cambiare e giurato su un cambiamento, anche se però poi non si capisce perché fossero insieme ai salafiti nell’aprile scorso a Qena a contestare l’elezione di un nuovo governatore Copto.

Contro idolatria e apostasia. Abdel Moneim al-Shahat, un esponente importante del “Partito della Luce” ha detto – “diversamente da quello che è detto sul “Partito della Luce” dalle altre forze politiche, annunciamo chiaramente che cerchiamo di applicare la parola di Allah. E’ un obbligo religioso. Mentre Sayyed el Affani, un altro membro dello stesso partito, esponente della sezione di Bani Suef, grossa cittadina dell’Alto Egitto, ha pubblicamente sostenuto, in un incontro del partito con 5.000 partecipanti, nessuna donna presente che l’applicazione di leggi fatte dall’uomo, in Egitto, era stata fatta per far accettare il colonialismo culturale dei valori e delle vedute occidentali, contrarie alla legge e alle tradizioni egiziane, permettendo l’idolatria e l’apostasia. Per compiere attività politica -sostengono- hanno chiesto numerose fatwa, in particolare rivolgendosi al dotto saudita Abdallah Bin Baaz, precedentemente Grande Mufti dell’Arabia Saudita.

Democratici di convenienza. A parte questi fatti che parlano da soli, le dichiarazioni ufficiali dei salafiti si basano sul solito gioco di parole del “partito di ispirazione islamica”, per cui si dichiarano pronti a correre alle elezioni e perciò ad accettare ufficialmente le regole della democrazia, ma per chiunque conosca il loro pur variegato back-ground non sono altro che un tentativo grossolano di approfittare dello strumento democratico, un goffo cercare di far credere quello che non si è: democratici. I gruppi salafiti non fanno mistero in ogni occasione di quale sia la loro visione dello Stato: uno stato islamico in cui la shari’ah viga come unica fonte di legislazione, scimmiottando grottescamente una immaginaria “legge di Allah” che sarebbe solo da applicare e richiederebbe, nella loro visione anti-democratica, un califfo alla guida, dei sapienti religiosi come consulenti (la famosa “shura”, o “consultazione” che imam radicali vogliono far passare come l’equivalente islamico di “democrazia”), e l’applicazione letteraria di ciò che è scritto nel Corano, senza alcun filtro interpretativo.

Elezioni democratiche? Alla vigilia delle elezioni egiziane quindi rimangono alcuni grossi interrogativi che consistono in alcuni dubbi su quanto potranno essere realmente democratiche delle elezioni che comunque, non dimentichiamolo, si svolgeranno sotto la “legge di emergenza” ripristinata dalla giunta militare che sta gestendo (malissimo) la desiderata “transizione” al potere. E poi su quanto le due coalizioni “laiche” sapranno raccogliere di fronte ai tre blocchi islamici, ma soprattutto di fronte ai Fratelli Musulmani con il loro FJP egemone nella “Alleanza Democratica per l’Egitto”, e ai radicali salafiti con la loro coalizione. E un’altra domanda fondamentale: come si porranno, i Fratelli Musulmani, che quasi certamente con il loro” FJP” otterranno la maggioranza relativa rispetto ai salafiti?

La Contro-rivoluzione. Concludendo, anche se in Egitto a livello istituzionale vincerà la reazione islamista come accaduto in Tunisia, scippandola ai movimenti laici e di sinistra che hanno fatto la rivoluzione,  sarà perché l’opera contro-rivoluzionaria portata avanti con la regia dei militari e di membri dell’ex-regime ha portato i suoi risultati. La Contro-rivoluzione (“al thawra al mudadd”) è come un’ombra che si è allungata con rapidità nel pantano istituzionale, quindi ha prosperato nella mancanza di un vero governo che non fosse quello militare, e si è tradotta in una paradossale situazione di anarchia dal punto di vista della sicurezza, della criminalità dilagante spesso aizzata proprio dalla Sicurezza Nazionale, Servizi Segreti ed Esercito e dagli uomini di Mubarak ancora in campo o nascosti dietro le quinte, in un’abile quanto perfida strategia e allo stesso tempo in un regime militare severissimo verso l’opposizione politica e sociale.

La coscienza profonda del popolo. In Egitto si è arrivati al paradosso che mentre lo spaccio di droga, i furti, la piccola criminalità era chiaramente incontrastata, e la Polizia si rifiutava addirittura di raccogliere ogni sorta di denuncia, nello stesso tempo ogni attivista politico, o per i diritti umani, doveva tornare a guardarsi le spalle, a dormire fuori casa come ai tempi di Mubarak, o stare attento a cosa diceva o scriveva perché in cambio c’erano più condanne a civili da parte di tribunali militari in pochi mesi che in 30 anni di Mubarak. Quasi sicuramente i Fratelli Musulmani che hanno stipulato chiaramente patti con il governo militare, denunciati da tempo non solo dai movimenti di sinistra o liberali e laici, ma che trovano riscontro in alcune inchieste giornalistiche approfondite, saranno quelli che raccoglieranno i frutti elettoralmente in questa fase, ma troppo si è smosso nelle viscere del sistema e del popolo egiziano: una nuova consapevolezza politica, i sindacati liberi, migliaia di giovani che hanno trovato nuove forme di socializzazione nell’agire politico e sociale, le mille lotte che costellano la vita di tutti i giorni oggi in Egitto, tutto ciò anche se subirà una sconfitta elettorale è comunque vincente sulla lunga distanza, ha innescato un sommovimento sociale e politico le cui vere ripercussioni si vedranno sulla lunga distanza…La rivoluzione ha piantato tanti semi che attendono solo di germogliare…..

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