Le atrocità della Libia dopo Gheddafi
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Le atrocità della Libia dopo Gheddafi

Il silenzio è calato sul paese. Notizie che non fanno notizia, come quelle sugli abusi dei vincitori. L'Ue prende nota e dietro veglia il democratico emiro del Qatar.

Le atrocità della Libia dopo Gheddafi
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15 Novembre 2011 - 23.39


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Che succede nella «nuova Libia»? Dopo la caduta di Sirte e la cattura con linciaggio in mondovisione di Gheddafi il 20 ottobre, tre giorni dopo fu proclamata la fine della guerra civile (pardon, della «rivoluzione») e, alla fine del mese, della missione «umanitaria» della Nato. Il 31 ottobre il Cnt, Consiglio nazionale transitorio, ha eletto al posto di Mahmoud Jibril (poco amato per i suoi trascorsi gheddafisti e i suoi legami troppo stretti con l’Occidente) il nuovo premier a interim: Abdurrahim al Keib, un ingegnere elettrico che ha insegnato nelle università Usa e fatto fortuna lavorando nel settori petrolifero a Abu Dhabi, un tecnocrate miliardario ma, almeno, senza un passato gheddafiano e con radici a Tripoli anziché a Bengasi. Però el-Keib è passato solo con 26 dei 51 membri del Cnt, ciò che ha mostrato le divisioni profonde nella «rivoluzione» vittoriosa e ancora molto fragile nonostante le forti sponsorizzazioni dell’occidente e delle petro-monarchie del Golfo, il Qatar in testa.

Di tanto in tanto si parla, fuggevolmente, di atrocità commesse dagli insorti, di abusi commessi contro le migliaia di «gheddafisti» veri o presunti rinchiusi in carceri sovraffollate, di vendette ed esecuzioni sommarie, di milizie super-armate e spesso indicate come islamiste che fanno il bello e il cattivo tempo senza che nessuna autorità politica riesca a metterle a freno, di colossali arsenali bellici in vendita al miglior offerente (al Qaeda?).

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Le nuove autorità garantiscono che non saranno più tollerate violazioni dei diritti umani, ma hanno «bisogno di tempo» (domenica el Keib dovrebbe annunciare la formazione del nuovo governo transitorio); Amnesty e Human Rights Watch chiedono, sommessamente, di «fare luce»; l’Unione europea è in prima linea in questa battaglia di civiltà: ieri i ministri degli esteri Ue riuniti a Bruxelles «hanno preso nota con preoccupazione» (si prenda nota anche del linguaggio) dei rapporti che raccontano di violazione dei diritti umani e delle leggi internazionali da parte degli ex-insorti, e «accolgono» gli impegni delle nuove autorità libiche a fare qualcosa per porvi fine, investigare e assicurare «i responsabili» alla giustizia. Per il momento l’unico ricercato per essere assicurato alla giustizia, nazionale o internazionale, è il figlio di Gheddafi, Seif al-Islam. Che qualcuno dà in Niger o in Mali, o nel sud della Libia alla testa di un fantomatico «Fronte di liberazione della Libia» o addirittura nei pressi di As Zawiya, la cittadina a 30 km da Tripoli dove da giovedì scorso sono scoppiati scontri cruenti fra miliziani locali fedeli al Cnt e miliziani della tribù al-Warshfana accusati di avere parteggiato per Gheddafi.

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Il «presidente» del Cnt Jinril domenica ha garantito che si trattava di bagatelle per il controllo di una base militare fuoricittà usata a suo tempo dalle milizie di Khamis Gheddafi, un altro dei figli uccisi del Colonnello, ma ieri mattina pare che gli scontri continuassero e che ci siano stati 7 o 13 morti fra le due parti. Secondo l’emittente al Arabiya a far materializzare il fantasma di Saif-al Islam è stato il fatto che le milizie del Cnt hanno fermato un gruppo di miliziani di Bani Walid, con Sirte l’ultima roccaforte gheddafiana a cadere, che tentavano di unirsi ai combattenti degli al Warshfana. Vero? Falso? Chissà.
A vegliare sulle sorti della «nuova Libia» si staglia sempre più nitida l’ombra del Qatar, modello di democrazia e di libertà. «Non capisco qual è e quale sarà il ruolo del Qatar nel futuro della Libia. Non capisco questa nuova alleanza. Non saremo guidati dall’emiro del Qatar», ha detto giorni fa Abdel Rahman Shalgham, ex ministro degli esteri di Gheddafi ed ex ambasciatore a Roma. Bizzarro che non capisca. Con la guerra civile in Libia e l’intervento militare Nato l’emiro del Qatar ha già vinto.

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