di Francesco Peloso
Arrivano le sanzioni della Lega Araba ma sale il numero delle vittime.
La cortina del silenzio comincia a rompersi intorno al regime di Bashar al Assad. Tanto che nel mirino di Damasco è finito un gesuita, padre Paolo Dall’Oglio, da trent’anni nel Paese arabo, animatore di una comunità religiosa (Dar Mar Musa), promotore del dialogo fra le religioni, personalità rispettata. Tuttavia ha avuto anche il torto di criticare il regime, la sua brutalità, le violenze commesse dalle forze di polizia. Ancora ha chiesto al governo di dialogare con le opposizioni, ha lanciato la proposta di un percorso di riconciliazione nazionale che si fondasse sul riconoscimento dei diritti umani e di tutte le componenti della società siriana. Fra l’altro, in tal modo, padre Dall’Oglio ha rotto – a partire dai mesi scorsi – anche la strategia dell’omertà e della complicità messa in atto dalle chiese cristiane siriane, a cominciare da quella cattolica, che hanno spalleggiato il regime evocando a più riprese il complotto internazionale per giustificare la repressione. Il timore di perdere i pochi privilegi e la tolleranza cupa del regime, erano più forti di ogni altra valutazione, per questo è stato agitato il fantasma dello scontro interreligioso qualora fosse caduto Assad.
Il religioso, da parte sua, aveva mobilitato i gesuiti che, per primi fra i cristiani, si erano espressi contro il proseguimento della violenza e della repressione. Così, tre giorni fa, il ministero degli Esteri di Damasco ha inviato una lettera al vescovo di Dall’Oglio, monsignor Gregorio Elias Tabé, titolare della diocesi di Homs, chiedendogli di imporre a Paolo Dall’Oglio di lasciare il Paese. Il gesuita, nel testo, viene definito ‘persona non gradita’. Dalla casa generalizio dei gesuiti a Roma, intanto, è arrivato il pieno sostengo all’operato del religioso: “ padre Paolo ha l’appoggio dell’Ordine e del Superiore generale, padre Adolfo Nicolas, siamo sempre in contatto con la comunità in Siria”, hanno spiegato dalla Compagnia di Gesù. Poi è intervenuto lo stesso Dall’Oglio per spiegare come stanno le cose e confermando che in effetti il regime vuole che se ne vada quanto prima dal Paese. In ogni caso, secondo fonti che chiedono l’anonimato, il governo non andrà fino in fondo “sarebbe cattiva propaganda. Anche se queste per ora sono solo supposizioni”. Sta di fatto che intanto il vescovo di Dall’Oglio, non è in sede e tornerà fra qualche tempo al suo posto. Così il suo vicario ha chiesto al governo di pazientare; le trattative fra chiesa e governo vanno avanti per evitare l’espulsione.
Sul versante romano della vicenda siriana, c’è da segnalare un piccolo ma significativo episodio. Pochi giorni fa, l’11 novembre, il leader dell’opposizione siriana al regime di Bashar al-Assad, Burhan Ghalioun, presidente del Cns (consiglio nazionale siriano), aveva fatto il suo ingresso in Vaticano per una prima presa di contatto con i vertici della Chiesa cattolica. Ghalioun si trovava infatti a Roma per prendere parte a diversi incontri pubblici nei quali ha denunciato la gravità della repressione nel suo Paese. L’incontro in Vaticano è stato avvolto da grande riservatezza e in merito ad essola Salastampa della Santa Sede non a voluto dare indicazioni circa il tipo di colloqui che si sono svolti. Tuttavia Gahlioun ha avuto un colloquio con funzionari della Segreteria di Stato.
In un estremo tentativo di bloccare la sua espulsione, infine, padre Dall’Oglio ha fatto sapere al governo che è disposto a dedicarsi maggiormente all’impegno spirituale e di ritirarsi dai pronunciamenti politici e culturali. Allo steso tempo, però, ha riaffermato che la sua comunità di religiosi e religiose, chiede la promozione di una democrazia matura nel Paese, della libertà d’opinione e di espressione e il rispetto dei diritti umani.
Ma cosa ha detto padre Dall’Oglio che ha fatto infuriare tanto le autorità di Damasco? Da ultimo ha diffuso il messaggio per il prossimo Natale di cui qui riportiamo alcuni significativi stralci.
“Non sappiamo come apparirà – si legge nel testo – il nostro Paese dopo questi giorni dolorosi per tutti e assieme pieni di speranza e tristezza, entusiasmo e pessimismo, coraggio e paura, sacrificio e crimine”. Quindi si afferma: “Siamo perplessi: potrà la nostra patria conservare la sua unità e in qual forma? Godranno i cittadini di più libertà o la perderanno? Otterrà il nostro popolo una democrazia pluralista partecipativa, consensuale in grado di rispettare ognuno a prescindere dai diversi aspetti della sua identità? O invece otterrà al contrario un regime di sopraffazione dove il cittadino subisce ingiustizia nel nome di una maggioranza pietrificata?”. Il riferimento poi andava al ruolo dei cristiani e delle comunità religiose: “In questa crisi ci pare che il nostro ruolo sia quello del dialogo, della mediazione, della costruzione delle passerelle e il servizio della riconciliazione”. “Nasce forse la nostra scelta – affermava ancora il gesuita – per la non violenza dalla paura e dalla debolezza, oppure da una virtù e una decisione? Forse le due cose! Tuttavia la paura ci ha soggiogato a lungo nel passato e fino ad oggi ed è questo che spinge alcuni di noi a continuare nel prendere una posizione in favore della repressione delle libertà, del rifiuto del cambiamento e del ricorrere al passato e all’attaccamento al passato”. E però “Può esser questa la via della salvezza e della verità? D’altro canto, cammina forse sulla via della speranza e della verità colui che sceglie di perpetrare delle uccisioni sulla base della carta d’identità, di compiere dei rapimenti o di assumere altri comportamenti criminali?”.Quindi si spiegava: “Naturalmente c’è un complotto, anzi dei complotti, ma non è nel lasciarsi andare alla logica dei complotti che consiste la nostra salvezza. Essa invece sta nel cercare la collaborazione con gli uomini liberi e di buona volontà sia nella regione che nel mondo”. “Ciò è impossibile – prosegue il messaggio – senza accogliere in verità e sincerità i diversi mezzi di comunicazione tanto arabi quanto esteri. Infatti la verità si mostra attraverso il pluralismo e l’indipendenza della stampa. Osiamo pure proporre di chiedere l’aiuto di istituzioni umanitarie indipendenti comela CroceMezza Luna Rossa perché assistano il popolo siriano, il nostro popolo, per conseguire l’interruzione del conflitto armato e la protezione dei civili inermi”.
Nel frattempo un’altra novità sulla crisi siriana viene dalla Lega Araba che ha deciso di mettere in atto nuove sanzioni economiche contro il Paese governato da Assad. Tra le misure adottate dalla Lega, il congelamento delle transazioni commerciali e dei conti bancari del governo siriano, la sospensione dei collegamenti aerei e il divieto di visto di ingresso agli esponenti del regime. Inoltre lo stop alle relazioni conla Bancacentrale siriana e agli investimenti nel Paese. Il premier qatariota Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani ha spiegato le misure hanno decorrenza “immediata”.La Legaaraba ha anche fissato una scadenza per Damasco che dovrà’ accettare una missione di osservatori, parte di un’intesa gia’ negoziata da Damasco. Nell’approvare le sanzioni economiche alla Siria la Lega araba ha anche manifestato i suoi timori su un eventuale intervento straniero nel Paese. Infine da rilevare che , secondo fonti dell’opposizione, sarebbero morti – proprio nella provincia di Homs – almeno venti oppositori nella giornata di oggi.