Marocco: la sinistra rifiuta la partecipazione al governo
Top

Marocco: la sinistra rifiuta la partecipazione al governo

Il futuro primo ministro si sta consultando con gli altri partiti per la formazione del governo. I socialisti hanno annunciato che resteranno all’opposizione.

Marocco: la sinistra rifiuta la partecipazione al governo
Preroll

redazione Modifica articolo

16 Dicembre 2011 - 16.33


ATF

Il segretario del Partito di Giustiza e Sviluppo (PJD) è stato chiamato da re Mohammad VI a formare il governo. Con 107 seggi in Parlamento, vale a dire il 27% dei 395 membri della Camera dei Deputati, il PJD deve entrare in coalizione con almeno altri due partiti per avere la maggioranza. Il risultato delle trattative è atteso per domani e, secondo fonti ufficiali, il nuovo governo entrerà in carica la settimana prossima. Per la prima volta dopo 13 anni senza lo storico partito Unione Socialista delle Forze Popolari (USFP), che non ha accettato di entrare nella coalizione del partito islamista vincitore alle elezioni dello scorso 25 novembre.

Nato nel 1975, il partito di ispirazione socialista vanta un ruolo centrale nel lento processo di transizione del regno cherifiano verso una monarchia costituzionale. Nel 1998, l’USFP passa per la prima volta dal confronto al dialogo con la monarchia, entrando nell’abile meccanismo di cooptazione del Makhzen marocchino. Il segretatio USFP El Youssoufi diventa così primo ministro del “governo di alternanza”, in coalizione con il partito nazionalista Istiqlal ed il Partito Popolare Socialista (PPS), la cosiddetta Kutla. Da allora, l’USFP ha sempre partecipato al gioco politico, facendo parte del governo dell’indipendente Driss Jettou nel 2002 e nel 2004 e poi della coalizione guidata dal partito Istiqlal di Abbas El Fassi a partire dal 2007.

Leggi anche:  Le zecche sono parassiti che succhiano il sangue del prossimo quindi per definizione non sono rosse ma nere

“E’ ora di riportare il fiore alla sua terra prima che sfiorisca per sempre”- dichiara oggi uno dei rappresentanti dell’Unione Socialista, Mounir Bensalah, al quotidiano libanese Al Akhbar. E continua: “Partecipare a qualsiasi governo significherebbe la fine della nostra capacità di rappresentare un cambiamento progressista e mostrerebbe che aspiriamo solo ad incarichi istituzionali”. Il consiglio nazionale USFP riunito il 3 dicembre scorso aveva votato all’unanimità l’astensione del partito dal Governo.

Dal 2003, il consenso popolare del partito è in costante discesa, e le ultime elezioni lo hanno visto solo in quinta posizione, con 39 di 395 seggi. Che siano i tredici anni di partecipazione al governo sotto la stretto controllo del re ad avere compromesso la sua credibilità non sembra possibile al capo di partito ed ex- ministro della giustizia Abdelouahed Radi. Al settimanale indipendente marocchino l’Hebdomadaire spiega come la decisione di restare all’opposizione derivi dalla necessità di fare chiarezza e di lavorare per la realizzazione di un modello di società ispirata a valori socialisti. Ribadendo peró come l’USFP non sia un partito appuntato (dal re, ndr) e non sia pronto a sacrificare “ la propria anima per dei seggi in Parlamento”.

Leggi anche:  Regionali: in Emilia-Romagna la sinistra sfonda mentre in Umbria c'è un testa a testa

A Radi fa eco il membro della segreteria politica Upfs Mohammad Achaari sul settimanale Tel Quel: “Dopo i risultati delle elezioni non si può continuare senza porsi delle domande sulla nostra identità e vocazione. Siamo un partito di sinistra che porta valori di libertà e progresso. Ci siamo resi conti che il governo di Abdelilah Benkirane avrebbe difeso valori di destra che non ci appartengono”.

Mentre il PPS, altro partito di ispirazione socialista, si appresta a far parte del governo di Benkirane assieme al Movimento Popolare (Mp) e all’Unione Costituzionale (UC), il dubbio che la decisione del USFP possa essere più di un tentativo di salvare la faccia, rimane. La distanza ideologica dal Partito per la Giustiza ed il Progresso è certo esistente. Ma in un campo d’azione delimitato dal potere monarchico, il PJD ha già dimostrato di sapersi muovere senza minare il Palazzo né perseguire una politica a referenza strettamente islamica. “Bisogna ricordarsi che dopo la vittoria elettorale, i dirigenti del PJD hanno lanciato dei messaggi rassicuranti agli uomini d’affari e agli investori marocchini e stranieri – spiega il professore di diritto pubblico all’università Mohammad V Mustafa Manar a L’Hebdo – assicurando che saranno innanzitutto i supremi interessi nazionali ad avere la priorità”. E come se non bastasse, una delle riforme più progressiste degli ultimi anni, quella della Moudawwana (statuto di famiglia), era stata appoggiata proprio dall’islamista PJD.

Leggi anche:  Le zecche sono parassiti che succhiano il sangue del prossimo quindi per definizione non sono rosse ma nere

Se anche l’auto-confino del USFP alle righe dell’opposizione fosse ispirato dalla strategia attuata per anni proprio dal PJD per riacquisire credibilità, la sinistra marocchina dovrà dimostrare di sapersi riformare a livello organizzativo e di programma politico. E dovrà comunque fare i conti con il potere di Mohammad VI.

Native

Articoli correlati