Il caso Ungheria, che abbiamo avuto modo di denunciare più volte nel corso dei mesi, è infine entrato in modo dirompente nell’agenda politica dell’Unione europea ed è diventato oggetto dell’analisi e dell’allarme dei leader politici appartenenti ai più diversi orientamenti. Con l’inizio del 2012 è entrata infatti in vigore la famigerata nuova Costituzione ungherese, un testo fortemente antidemocratico, approvato da un Parlamento quasi completamente nelle mani del partita nazionalista di destra Fidesz del premier Viktor Orban, che favorisce la concentrazione di potere nelle mani dell’esecutivo e del Presidente e lo svuotamento del Parlamento, la limitazione dei diritti civili e sociali, attribuisce inoltre poteri straordinari a un organismo non elettivo, il consiglio economico della la Banca centrale, che può porre un veto alle leggi finanziare. Fra i punti più controversi e pericolosi c’è quello relativo al riconoscimento dei diritti delle minoranze magiare nei Paesi confinanti con l’Ungheria, una affermazione che apre la porta a possibili contenziosi territoriali. Ancora, nel preambolo, si fa riferimento alle radici cristianissime del Paese, operando una clericalizzazione della stessa Carta fondamentale del Paese. Nei giorni scorsi decine di migliaia di ungheresi sono scesi in piazza contro la svolta autoritaria in atto nel Paese. A ciò si aggiungano i diversi provvedimenti approvati per limitare la libertà di stampa e di opinione e di recente anche il pluralismo religioso. Così, alla fine, la stessa Commissione europea è dovuta intervenire.
Proprio oggi la Commissione voluto ricordare come Budapest rischi una serie di procedure di infrazione e pesanti multe se la riforma costituzionale voluta dal premier Viktor Orban non risulterà conforme ai principi democratici sui quali si fonda l’Unione europea. Il portavoce dell’esecutivo europeo ha scandito le parole per sottolineare che le legislazioni dei paesi Ue ”devono riflettere ed essere allineate ai principi democratici e al rispetto dei diritto dell’uomo”, concetti che ”sono nei trattati” sottoscritti da Budapest e che ”non possono essere messi in discussione”. Ed oggi e’ stato ricordato con forza che nel mese di dicembre il presidente Barroso, ma anche i commissari Rehn, Reding e Kroes ”hanno segnalato possibili incompatibilità”. Ciononostante il governo ungherese e’ andato avanti e le leggi sono in vigore. Cosa che, e’ stato il ragionamento fatto a Bruxelles, ha fatto scattare la reazione legale: esame approfondito di ogni passaggio delle trenta leggi approvate dalla maggioranza blindata di Fidesz nel Parlamento ungherese in vista di un ”legal assessment” (valutazione legale) di non conformita’ da parte del Collegio dei Commissari.
Non e’ facile, e’ stato spiegato oggi, tracciare il limite politico ”tra democrazia e dittatura”. Ma intanto e’ stato ricordato a quale scenario il governo di Budapest può andare incontro: dopo l’apertura della procedura di infrazione, si daranno due mesi di tempo per dare chiarimenti. Se le risposte non saranno giudicate conformi, la Commissione inviera’ una formale comunicazione di messa in mora, che dara’ ulteriori due mesi per fare i cambiamenti richiesti. In caso di risposta negativa, ”il Trattato di Lisbona – e’ stato ricordato – da’ alla Commissione il potere di portare il paese davanti alla Corte europea di Giustizia” chiedendo la condanna, ma anche ”penalita’ finanziarie”, che potrebbero essere ulteriormente aggravate in caso di mancato rispetto. Il tutto mentre resta rimandata a data da definire l’apertura formale per i negoziati con Fmi e Ue per il piano di aiuti chiesti dal governo Orban e mentre i mercati finanziari bocciano la sua politica: oggi il fiorino ha fatto segnare il nuovo record negativo (319,4 per un euro, superando il precedente minimo di 317,9 del 14 novembre scorso) ed i Credit Default Swap – ovvero il prezzo delle assicurazioni contro il rischio fallimento – sono saliti al primato di 655, valore da Grecia.
In questo quadro, il portavoce del premier ungherese ha tentato l’apertura almeno sulla questione dell’indipendenza della banca centrale: ”Se la Commissione trovera’ punti da discutere, noi siamo pronti alle consultazioni”. Ma a Bruxelles mettono in discussione l’intero impianto della riforma.
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