Mosca-Damasco: veto all'Onu per un massacro
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Mosca-Damasco: veto all'Onu per un massacro

La Russia doveva mettere il veto per i suoi interessi centro-asiatici. Ma Damasco doveva massacrare i cittadini di Homs durante la discussione all'Onu? Sì. Ecco perché.

Mosca-Damasco: veto all'Onu per un massacro
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5 Febbraio 2012 - 11.28


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Che il regime di Damasco sia costituito da una banda di aguzzini senza scrupoli ormai è chiaro anche ai suoi sostenitori, forse solo Diliberto può dubitarne. Ma la domanda è legittima: il massacro di Homs dovevano farlo proprio mentre era in corso la discussione alle Nazioni Unite? Il dubbio è legittimo, almeno per chi ragiona come noi, cioè seguendo la logica. Ma se un dubbio può esserci, allora perché il regime per 24 ore ha negato che ad Homs fosse accaduto alcunché? Perché solo alle 14 del giorno seguente ha ammesso che c’erano dei morti, dandone la responsabilità ai terroristi?

A Damasco con le malefatte dei terroristi negli ultimi tempi si sono dimostrati solerti. Quando nella capitale siriana è scoppiata una autobomba, ancora non erano chiari i danni e loro già sapevano chi era stato! Dunque perché il silenzio, il muro, la negazione dell’evidenza dopo il massacro di Homs? Carenze comunicative? Inverosimile. Allora è chiaro che il massacro di Homs doveva rendere impossibile il compromesso all’Onu, impedire agli arabi e agli occidentali di andare troppo incontro a Mosca e rendere possibile un compromesso che né Mosca né Damasco volevano. Damasco per ovvi motivi, Mosca anche.

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Il regime russo vede in Damasco un muro protettivo dei suoi interessi economici centro-asiatici. Se cadesse Damasco anche la condizione di Tehran, già nei guai per le polemiche sul programma nucleare, finirebbe nei pasticci, e questo il Cremlino non lo vuole. E neanche la Cina, che vede nel greggio iraniano che non potrà più essere esportato in Europa proprio quello che gli serve per soddisfare il suo fabbisogno energetico. Quanti agli europei e agli americani, è una situazione perfetta. Per loro, che non hanno mostrato di preoccuparsi granché per le condizioni del popolo siriano, che non vogliono impelagarsi nel pantano mediorientale, è il modo per salvare la faccia. E basta.

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