Il Dragone alla conquista dell'Africa: luci e ombre
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Il Dragone alla conquista dell'Africa: luci e ombre

La crescente interazione tra la Cina e la maggior parte dei paesi africani fa discutere. A seconda del punto d’osservazione, le visioni sull’argomento sono contrastanti.

Il Dragone alla conquista dell'Africa: luci e ombre
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10 Febbraio 2012 - 15.02


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Quella della penetrazione cinese nel continente africano è una questione di cui si dibatte ormai da diversi anni. La crescente interazione tra la Cina e la maggior parte dei paesi africani fa discutere per i modi, i fini, e gli equilibri di potere che ne derivano. A seconda del punto d’osservazione, le visioni sull’argomento sono contrastanti: da chi reputa la stretta cooperazione sino-africana un efficace strumento per lo sviluppo dell’Africa e per la sua liberazione dal giogo americano ed europeo, a chi, come il Segretario di stato Usa Hillary Clinton, accusa preoccupato il gigante asiatico di “neo-colonialismo”.

L’affermazione della Cina come principale interlocutore economico e politico dell’Africa è d’altronde già un fatto. Con effetti nel commercio, negli investimenti, nella cooperazione e nella diplomazia internazionale, l’amicizia privilegiata tra il dragone e 50 stati africani ha portato negli ultimi dieci anni a un ribaltamento dello scenario geopolitico. La Cina ha molteplici interessi in Africa, e non esita a utilizzare il proprio potere economico e finanziario per espandere la sua influenza sul continente.

Il Forum per la Cooperazione tra Cina e Africa, riunitosi finora tre volte (l’ultima a Sharm El-sheik nel 2009), è lo strumento attraverso il quale la Repubblica Popolare Cinese precisa le linee guida della sua azione nei paesi africani. La creazione del Forum, che risale al 2000, manifesta l’esistenza, nella leadership cinese, di una chiara visione d’insieme, di un progetto per l’Africa di lungo respiro e dagli obiettivi ambiziosi.

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Sono due le esigenze primarie della Cina: ampliare il mercato per la sovrabbondante produzione cinese e accaparrarsi le ricche risorse naturali dell’Africa, indispensabili per sostenere i ritmi di crescita del dragone. Oggi la Cina è il primo partner commerciale del continente, verso il quale esporta prodotti finiti (macchinari, strumenti di trasporto, abbigliamento, calzature e prodotti plastici) e da cui importa materie prime (petrolio, cotone, legname, oro, diamanti, uranio…).

In cambio della cessione delle loro preziose risorse, i paesi africani ricevono prestiti agevolati e investimenti dalla Cina, in particolare nel campo delle infrastrutture: sono stati appaltati ad imprese cinesi, ed eseguiti in brevissimo tempo (con le relative conseguenze negative in termini di sicurezza del lavoro e qualità del prodotto finito), ferrovie in Angola, Nigeria e Botswana, strade e ponti in Rwanda e Zimbabwe. Ulteriori settori d’interesse di aziende cinesi sono le telecomunicazioni, l’energia e la finanza, e in ognuno di essi l’espansione del capitale cinese sembra inarrestabile. Per citare solo un esempio, dal 2007 la Industrial and Commercial Bank of China possiede il 20% della Standard Bank, uno dei principali gruppi finanziari dell’ Africa sub-sahariana.

Le oltre 2000 aziende cinesi operanti in Africa stanno gradualmente cambiando il volto fisico e sociale del continente. Da un lato, l’utilizzo intensivo delle risorse naturali, portato avanti, con la complicità dei governi locali, senza la benché minima pretesa di sostenibilità ambientale, riproduce i vecchi metodi di stampo imperialista di sfruttamento indiscriminato del territorio; dall’altro, la concorrenza delle merci cinesi ha effetti distruttivi per la piccola impresa autoctona, che va incontro a licenziamenti e fallimenti. Sindacati e associazioni di attivisti denunciano inoltre le precarie condizioni di lavoro imposte dalle aziende cinesi e il mancato rispetto delle norme nazionali che regolano la prestazione di manodopera.

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Oltre agli investimenti, un altro mezzo per ottenere concessioni dai governi africani è quello della cooperazione, che si esprime nei contributi in finanziamento e ricerca nell’ambito della formazione, dello sviluppo tecnologico, dell’assistenza medica. Anche la politica di riduzione del debito per molti paesi dell’Africa contribuisce a rinsaldare i legami di fedeltà alla Cina. Tra i “vantaggi” della generosità cinese c’è, contrariamente alle rigide regole del Washington consensus cui erano subordinati simili interventi da parte dei paesi occidentali, l’assenza di alcuna richiesta di rispetto di norme democratiche e di governance, dei diritti umani, del lavoro e dell’ambiente. L’unica condizione politica posta dalla Cina è il riconoscimento della one China policy, ovvero il divieto di intrattenere relazioni ufficiali con Taiwan. Tra gli effetti della non-ingerenza negli affari interni dei singoli paesi, figurano l’appoggio incondizionato ad autocrati come Mugabe e la fornitura di armi al Sudan durante la guerra in Darfour.

Nell’ambito di una strategia di convenienza reciproca, i rapporti tra Cina e Africa danno i loro frutti anche nei consessi internazionali. È grazie al voto dei paesi africani, infatti, che la Cina è riuscita a ottenere un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e a far salire una cinese alla guida dell’Oms. L’appoggio degli alleati africani contro le critiche internazionali è indispensabile anche quando si discute di diritti umani e cambiamento climatico. Da parte sua, il dragone non manca di esercitare il suo diritto di veto sull’imposizione di sanzioni ai governi africani e di supportare un ruolo politico di primo piano per l’Unione Africana.

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Eloquente simbolo di questo sodalizio tra il più ricco dei paesi in via di sviluppo e alcuni tra gli stati più poveri del mondo è proprio il nuovo quartier generale dell’Unione Africana, dono del governo cinese del valore di 200 milioni di dollari sorto nella capitale etiope Addis Abeba e inaugurato di recente in occasione del vertice che vede riuniti i leader di tutte le nazioni africane, ad eccezione del Marocco. Invitato alla cerimonia di apertura dei lavori, Jia Qinglin, presidente del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, ha ribadito l’intenzione di rafforzare la cooperazione tra Cina e Africa: “La Cina persiste nel rispetto della sovranità e della via di sviluppo dei paesi africani, senza intervenire nei loro affari interni; persiste nel loro trattamento paritario, e nella fornitura di assistenza senza nessuna pregiudiziale politica, ritenendo sempre che l’assistenza e il sostegno fra Cina e Africa siano reciproci e persistendo sempre nell’integrare il proprio sviluppo con quello dell’Africa.”

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