In Siria l'altra minaccia è la siccità
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In Siria l'altra minaccia è la siccità

La situazione dei contadini è sempre più drammatica: le politiche liberiste e il peggioramento situazione nel paese hanno reso il mondo rurale sempre più isolato.

In Siria l'altra minaccia è la siccità
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20 Febbraio 2012 - 15.58


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di Anna Clementi

“E’ necessario intervenire, i contadini siriani hanno bisogno di aiuto”. A lanciare l’allarme è Abdulla Tahir Bin Yehia, rappresentante dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) in Siria. La crescente instabilità nel paese sta aggravando la già precaria situazione dei contadini siriani che da anni lottano quotidianamente contro la siccità.

Dal 2006 la situazione meteorologica si è modificata, le estati si sono fatte più calde ed aride, e gli inverni meno piovosi, e tutto ciò ha avuto conseguenze disastrose su tutti coloro che basavano il proprio sostentamento sull’agricoltura. Le terre si sono presto trasformate in deserti secchi ed aridi dove l’allevamento del bestiame e la coltura di frutta e verdura sono diventati impossibili. Di conseguenza molti contadini e pastori, soprattutto nel nord e nell’est della Siria, sono stati costretti a lasciare le proprie terre e si sono riversati nelle periferie dei principali centri urbani, in condizioni di vita difficili e precarie. Il numero di persone colpite dai cambiamenti climatici degli ultimi anni è altissimo: secondo il piano Onu di risposta alla siccità, il 60% delle terre e 1,3 milioni di persone (su una popolazione totale di 22 milioni) sono direttamente interessate dalla siccità – 95% delle quali nel nord-est del paese – e più di 800mila ne soffrono in maniera grave.

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“Maggiormente colpiti sono i piccoli contadini ed i piccoli pastori che dall’inizio del 2005 hanno perso quasi l’85% del loro bestiame. La capacità di sussistenza di questa parte della popolazione si è esaurita” ha continuato Abdulla. Nessuno conosce il numero preciso di coloro che sono stati costretti a migrare nelle città. Secondo le stime del ministero siriano dell’agricoltura e delle riforma agraria riportate dal servizio dell’ufficio dell’Onu per gli Affari Umanitari (Irin), negli ultimi anni almeno 60mila persone si sono riversate nei principali centri urbani siriani alla ricerca di un lavoro.
Tuttavia, da marzo 2011, con lo scoppio delle prime manifestazioni in Siria, la già precaria situazione dei contadini siriani immigrati nelle città è precipitata. Molti centri urbani– ed in particolare Homs Idlib, Hama e la periferia di Damasco – sono stati luogo di rivolte da parte della popolazione siriana e di repressione da parte del governo di Bashar Al-Asad: molte famiglie – almeno 18mila persone secondo i dati dell’agenzia umanitari World Food Programme – sono state costrette a tornare nei proprio luoghi di origine, senza nessun mezzo di sostentamento per poter vivere. In particolare l’alto costo dei trasporti e l’insicurezza che regna ora nel paese stanno provocando gravi perdite economiche per i contadini ed i pastori nelle aree orientali e meridionali della Siria che hanno maggiori difficoltà ad accedere ai mercati.

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Nel nord-est del paese, a causa della crescente instabilità in cui sta precipitando la Siria, i contadini sono sempre più restii a muoversi e sta diventando sempre più difficile trovare manodopera per lavorare i campi. L’impennata del costo della benzina ha inoltre reso sempre più costosi l’irrigazione dei campi, il foraggio per animali, i pezzi di ricambio delle attrezzature agricole ed i trasporti nel paese: di conseguenza i raccolti sono calati e le esportazioni si sono notevolmente ridotte.

Le politiche economiche attuate dal governo di Damasco a partire dal 2000 non hanno di certo aiutato la popolazione delle campagne ed ha avuto effetto disastrosi su tutti i cittadini siriani. La trasformazione economica promossa all’inizio del nuovo millennio dall’ex premier siriano Abdallah Dardari ha avviato un programma di riforme economiche liberiste che ha ridotto i dazi doganali e ha aperto il paese alle importazioni. Tuttavia gli effetti sulla popolazione siriana sono stati catastrofici: la povertà è cresciuta sempre più, i salari non si sono adeguati al costante aumento dei prezzi, e il divario tra ricchi e poveri è aumentato. La popolazione rurale si è trovata sempre più isolata nelle campagne e anche chi si era trasferito nelle città alla ricerca di un’occupazione ha visto il proprio potere d’acquisto diminuire a vista d’occhio.

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Non a caso le proteste contro il regime sono state tanto violente ed intense nei centri rurali e nelle periferie delle grandi città come Harasta, Talbisa, Duma e Dara’a, come ha scritto l’analista Ghadi Francis sul quotidiano al-Akhbar: “Il piano che ha trasformato l’economia siriana si è lasciato tanti (cadaveri) alle spalle, specialmente la popolazione delle campagne. Privati della sicurezza economica, i contadini hanno avuto poco da perdere. Lo Stato che li proteggeva si è trasformato nel loro nemico “

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