Tra pasticci e prevenzioni ora in India rischiano i Marò
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Tra pasticci e prevenzioni ora in India rischiano i Marò

L'orgoglio nazionale indiano, interessi di bottega elettorale, indagini parziali e una stampa locale ostile. Posizione difficile per i Marò. [Francesca Marretta]

Tra pasticci e prevenzioni ora in India rischiano i Marò
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2 Marzo 2012 - 08.52


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da Londra

Francesca Marretta

Nessuna soluzione extragiudiziaria per la vicenda Enrica Lexie. Il Primo Ministro del Kearala, Oommen Chandy, è stato chiaro: «Il diritto penale indiano contempla tale procedimento in caso di omicidio». Per la morte dei due pescatori indiani uccisi in uno scontro a fuoco a largo delle coste indiane il 15 febbraio scorso restano indagati i marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in stato di fermo fino al cinque marzo prossimo a Kollam, dove sono stati alloggiati nel circolo ufficiali della polizia. La giornata «convulsa», segnata da «alti e bassi», di cui ha parlato ieri il sottosegretario agli Esteri italiano Staffan de Mistura, che in Kerala ha incontrato i militari italiani, non ha dato i «buoni risultati» sperati.

Né è bastata la visita del Ministro degli Esteri Giulio Terzi a Delhi, a «rinfrescare l’aria» con l’omologo Krishna. Durante la visita delle scorse ore in India, Terzi ha scritto un commento per il quotidiano The Hindu. Un messaggio alla Nazione indiana all’insegna del “volemose bene”. Obiettivo del mio governo è rilanciare le relazioni con l’India, scrive Terzi nel suo articolo, che sottolinea come gli italiani siano uomini di mare, come gli indiani, che la pirateria è un nemico comune e che centoventimila indiani espatriati sono «benvenuti membri della comunità italiana», «un ponte che unisce i nostri popoli».

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Citando le buone relazioni tra Italia e India, il ministro italiano aggiunge: Sono certo che riusciremo a portare la nostra collaborazione a più alti livelli. Dopo tutto Italia e India vantano una tradizione di influenze reciproche vecchia duemila anni, conclude. La stragrande maggioranza dei commenti dei lettori indiani postati sul sito di The Hindu, dicono nella sostanza: Caro Terzi l’amicizia non è in discussione. Proprio per questo, fai il favore non ostruire il corso della giustizia indiana. Se fossero stati soldati indiani a sparare a due pescatori italiani al largo delle vostre coste non li avreste forse giudicati?

Tra coloro che rispondono al messaggio di Terzi c’è la moglie di uno degli indiani rapiti dai pirati somali durante il sequestro della Savina Caylyn. Dice che in quell’occasione l’Italia le è stata d’aiuto, ma che la vicenda dei pescatori va risolta in maniera «fattuale» e non «drammatica».

Al di là delle implicazioni di politica internazionale che fanno capolino in questa vicenda, legate anche al prossimo appuntamento elettorale in cui l’italiana Sonia Ghandi corre per l’opposizione, va sottolineato il sentimento di irritazione diffuso in India per l’atteggiamento non consono attribuito agli italiani. Irritazione e persino sdegno, riflessi sulla stampa locale. Indipendentemente dai termini della controversia, qualche errore grossolano, che ci ha esposti all’attacco cattivo della stampa locale, si poteva evitare.

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Qualche esempio? In un articolo a firma di G Pramod Kumar, apparso il primo marzo sul sito Firstpost, che figura tra i cinquanta più popolari media indiani, si legge: «La settimana scorsa tre italiani hanno provato a saltare giù da un aereo dell’Air India che aveva fatto scalo Kochi». Ne è seguito un tafferuglio con gli addetti alla sicurezza a bordo, che li hanno trattenuti a forza e fatti sedere per il decollo, continua l’articolo. Le autorità indiane non cercavano di ostacolare gli italiani giunti in soccorso dei marò. Si dà però il caso che il loro biglietto fosse per Thiruvananthapuram.

Non potevano scendere a Kochi, anche se era proprio lì che erano diretti. La fermata a richiesta non è permessa sui voli italiani, e nemmeno su quelli indiani. Si legge ancora nell’articolo: «Grazie allo sbraitare e alla furiosa flessione di muscoli da parte degli italiani quel volo ha portato circa venticinque minuti di ritardo». Appresa la notizia del «no» a ipotesi di accordi extragiudiziari. lo stesso giornalista, incaricato di seguire il caso, scrive: «Gli italiani hanno le hanno provate tutte: intimidazione, pressioni diplomatiche, lobby della chiesa cattolica e interpretazioni al microscopio della Convenzione Onu sul Diritto del mare. Ma la perseveranza della polizia del Kerala ha avuto la meglio».

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The Times of India ha scritto che l’Alta Corte del Kerala ha respinto la petizione con la quale veniva rivendicata la giurisdizione italiana sulla vicenda, perché presentava «seri difetti». Per il giudice P. S. Gopinathan la firma di uno dei due marò sulle deposizione difensiva sarebbe taroccata. Lo stesso quotidiano ha scritto che secondo l’Alta Corte la cauzione di 30mila rupie chiesta all’armatore della petroliera Enrica Lexie (450 mila euro) a garanzia delle cause di risarcimento intentate dai familiari dei due pescatori uccisi, è tutto sommato «insignificante».

I giornali indiani hanno anche raccontato del maldestro intervento nella vicenda del Cardinale indiano di fresca nomina George Alencherry. Prima che il governo del Kerala dicesse no a soluzioni extra-giudiziarie, Headlines Today scriveva che i preti di Kanyakumari e Kollam, zona cattolica da cui provengono i pescatori uccisi, non ci stavano ad accettare compensazioni per chiudere la vicenda. «No al danaro insanguinato», i titoli dei giorno.

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