Nato sotto accusa per 60 vittime civili in Libia
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Nato sotto accusa per 60 vittime civili in Libia

Concluso il rapporto dell'Onu sui crimini di guerra in Libia. In realtà è ben più alto il bilancio di morti innocenti negli attacchi aerei dello scorso anno.

Nato sotto accusa per 60 vittime civili in Libia
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6 Marzo 2012 - 11.04


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Violato il diritto internazionale e i diritti umani? E quando mai: in Libia, la Nato «non ha violato il diritto internazionale. Al contrario, la nostra missione si è svolta in pieno accordo con il mandato dell’Onu e con la legge internazionale». Lo ha detto il segretario Nato Anders Fogh Rasmussen, commentando il rapporto della commissione Onu sui crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani in Libia. Il rapporto ha individuato 5 raid Nato (su 20 esaminati) in cui 60 civili sono stati uccisi e 55 feriti. Che saranno mai 5 raid e 60 tragici errori o effetti collaterali? Rasmussen è soddisfatto: «Accogliamo con favore la conclusione del rapporto secondo cui la Nato ha condotto una campagna ad alta precisione per evitare vittime civili – ha detto -. Certo, purtroppo il rischio zero non esiste» ma «il rapporto riconosce che tutti i target presi di mira dalla Nato erano target legittimi».

Anche il leader libico Mustafa Abdel Jalil, l’ex ministro della giustizia di Gheddafi passato agli insorti, sarà contento: è stato rieletto ieri a capo del Consiglio nazionale di transizione, con Mustafa Al Huna e Salim Ganan come vice. Il Cnt continuerà il suo lavoro almeno fino alla elezione dell’assemblea costituente a giugno. Poi si vedrà. Abdel Jalil sarà contento ma ogni giorno sul suo tavolo si ritrova con una nuova grana. Due anzi.

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La prima è quella del giornalista Nicholas Davies e del cameraman Gareth Montgomery-Johnson, inglesi, arrestati a Misurata ai primi di febbraio da una delle tante milizie che fanno il bello e il cattivo tempo. Il suo capo, Faraj Swehli, ha annunciato ieri che i due, detenuti in una base della brigata Souhli nel centro di Tripoli, saranno oggetto di un’inchiesta con l’accusa di ingresso illegale nel paese e di spionaggio (sarebbero stati trovati con addosso «materiale abitualmente utilizzato dall’esercito israeliano»).

La seconda è la profanazione da parte di un gruppo armato di kalashnikov, immortalata da un video postato su Facebook, di 200 tombe del cimitero di guerra di Bengasi in cui si trovano i resti di 1200 soldati britannici caduti nella battaglia del deserto contro i nazi-fascisti. Abdel Jalil si è scusato con Londra, «un atto criminale e vergognoso»

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