Cina: prima al talk show, poi dal boia
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Cina: prima al talk show, poi dal boia

Agghiaccianti interviste a pochi minuti dall'esecuzione. Un programma pensato per "educare le masse" fa 40 milioni di telespettatori.

Cina: prima al talk show, poi dal boia
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11 Marzo 2012 - 01.05


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Chen Xinxin

Una donna vittima di violenze che ha ucciso il marito. Un figlio omosessuale che ha assassinato la madre per poi abusare del suo cadavere. Un giovane che si inginocchia e chiede perdono ai genitori. Manette ai polsi e catene ai piedi, per più di cinque anni decine e decine di cinesi condannati a morte, a pochi giorni – a volte minuti – dall’esecuzione, sono comparsi davanti a una telecamera in un “talk show” dai contorni agghiaccianti. Uomini e donne, giovani e meno giovani, prelevati dal braccio della morte per qualche ora per arrivare, ogni sabato sera, nelle case dei cinesi della provincia di Henan.
“Interviste prima dell’esecuzione” non può non aver avuto il benestare delle autorità locali. In un Paese in cui si vogliono “educare le masse”, il programma sembra essere stato uno strumento voluto per “educare” e ridurre la criminalità. Poi il “talk show” è uscito dai confini della provincia di Henan, ha fatto notizia in Occidente, nei Paesi che bacchettano da anni Pechino per i diritti umani. Ora, secondo l’americana Abc, “Interviste prima dell’esecuzione” è stato sospeso.

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La Repubblica Popolare si rifiuta da sempre di rendere pubblici i dati sulla pena di morte, considerati un segreto di Stato. Amnesty International parla di migliaia di esecuzioni nel 2010. Secondo Nessuno Tocchi Caino, due anni fa in Cina sono state eseguite cinquemila condanne a morte, l’85,6% del totale mondiale. Dagli omicidi alla corruzione, sono 55 (erano 68 fino a febbraio 2011) i reati che il gigante d’Asia punisce con la pena capitale.

Dal 2006 almeno 250 condannati a morte, prima di essere uccisi per fucilazione o con un’iniezione letale, si sono seduti davanti alla star di “Interviste prima dell’esecuzione”, la bella Ding Yu. E, sorvegliati da agenti, hanno risposto alle sue domande, accettato le sue “sentenze” dopo aver confessato crimini spesso atroci, a volte hanno colto l’occasione per l’addio ai parenti o le richieste di perdono davanti a 40 milioni di telespettatori.

Per i vertici della tv di Henan il “talk show” – «la bella e le bestie» è arrivato a chiamarlo qualcuno – non è intrattenimento, ma una “scuola” che «informa ed educa sulle politiche del governo» perché con la «consapevolezza si possono evitare le tragedie». Nella concezione cinese è l'”educazione delle masse”. Ding, moglie e madre che dall’alto della morale cinese si prende la libertà di dire a un condannato che «tutti dovrebbero odiarlo», è diventata una star, ma non stenta ad ammettere di avere «tanta sporcizia nel cuore». Forse il suo “talk show” non andrà mai più in onda. La Bbc ha già pronto un documentario che fa paura nel gigante d’Asia. Per la maggioranza dei cinesi la pena di morte resta un atto di “giustizia”.

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