da Il Cairo
Marc InnaroUn anno fa, all’indomani della Rivoluzione di Piazza Tahrir, si erano impegnati solennemente a non candidare nessuno dei propri esponenti alle elezioni presidenziali. All’epoca, la decisione era stata salutata come una dimostrazione di saggezza, di maturità politica, per non spaventare il turismo, gli investitori occidentali e l’opinione pubblica internazionale. Invece, con 56 a favore e 52 contrari, il Comitato Centrale dei Fratelli Musulmani ha deciso di far scendere in campo il miliardario Khairat El-Shater, il peso massimo del movimento islamico, l’uomo che da anni ne è il grande finanziatore, ma soprattutto la vera mente strategica.
Non contenti di controllare, assieme ai fondamentalisti salafiti, i ? del nuovo Parlamento, non contenti di avere la presidenza e il controllo dell’Assemblea Costituente, i Fratelli Musulmani stanno entrando ora in pericolosa rotta di collisione con la giunta militare al potere. I generali non ne vogliono sapere di lasciare loro la guida del governo. Ed ecco che allora i Fratelli Musulmani alzano la posta, si rimangiano le promesse di un anno fa, e provocano un terremoto politico in Egitto, gettando nella mischia Khairat El-Shater, che di fatto diventa il vero favorito nella corsa alla successione di Mubarak.
Tremano i generali, gelosi custodi di ricchezze e privilegi, accumulati in decenni di potere indiviso. Ma tremano anche laici, liberali, musulmani moderati e milioni di cristiani copti. Se El-Shater fosse eletto a fine maggio, il potere dei Fratelli Musulmani diverrebbe totale e assoluto.