In Bolivia lo sciopero generale a oltranza dei medici, in corso da due settimane, si è trasformato in sciopero della fame. A quest’ultima decisione hanno aderito tra gli altri il presidente, il vice presidente e il segretario del Collegio dei medici della Bolivia. La mobilitazione punta a contrastare una legge che prevederebbe per i dipendenti del settore sanitario pubblico otto ore di lavoro al giorno invece di sei, e cancellerebbe tutti i diritti sanciti dalla legge generale del Lavoro.
Le proteste del settore sanitario, le più dure di sempre nel Paese, stanno mandando in tilt gli ospedali pubblici e stanno mostrando la mancanza di pianificazione delle politiche per migliorare la struttura ospedaliera e la carenza cronica di forniture e di farmaci.
Finora il governo del presidente Evo Morales ha tentato (senza riuscirci) di neutralizzare gli effetti dello sciopero con il un piano che prevede l’installazione di tende per le cure di emergenza di un gruppo di 1.200 medici, soprattutto cubani, oltre alle minaccia di licenziamento per gli operatori sanitari in sciopero e l’avvertimento del Procuratore Generale di arresto per coloro che violano il diritto di accesso ai servizi sanitari, sancito dalla Costituzione.