Gli scritti di Vik / Saluto a Tiziano Terzani
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Gli scritti di Vik / Saluto a Tiziano Terzani

Questa è la lettera che Vittorio scrisse a Tiziano Terzani il giorno dopo la sua morte. Un intenso saluto a quello che considerava il migliore autore italiano.

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13 Aprile 2012 - 14.10


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29/07/2004

Ho visto le migliori menti della mia generazione…perire….

Non ha senso.

Eppure i sensi partecipano attivamente, anche troppo

troppo sensibili, umidi, i miei occhi che sino a qualche ora fa prosciugavano dinanzi ad un impavido sole.

Non ha senso questo ricambio ingiusto che annerisce la nostra epoca

Le migliori menti emigrano verso altri altrove

lasciando vuoti immensi e silenzio laddove saggezza e insegnamento ci indicavano la direzione.

lasciando a voci effimere e volgari il palcoscenico del giornalismo,

ma la platea è vuota, deserta,

evacuata

dopo l’eclissi del primo attore.

Il suo ultimo libro mi fa da cuscino,

dei 4 libri che mi sono portato appresso in Palestina, due mesi fa,

nell’ingrato compito di fare da scudo contro i proiettili israeliani diretti ai visi dei civili palestinesi innocenti,

il suo ultimo, unico autore italiano, per me, il migliore, e gli ho consetito il posto d’onore, sebbene voluminoso,

sempre con me infilato nello zaino durante le nostre azioni pacifiste.

Come totem, come testo sacro, come parola di conforto e di vicinanza nell’alienazione generale che la disperazione di muoversi in paesaggi di guerra ti attacca addosso.

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Mi è servito molto, son tornato ancora sano e salvo,

allora diciamo che è stato vitale.

Non ho mai avuto modo di comunicare a Tiziano del mio immenso rispetto,

della sua capacità di tirari fuori, tramite un’empatica scrittura, il meglio dei miei sentimenti di tolleranza ed armonia con il diverso. L’ Attrazione per le culture differenti e la capacità di immedesimazione nel dolore e nelle gioie altrui.

Questo quello che per primo ho appreso,

questo quel che in me si muove nella sua ombra,

nei miei gesti, intendimenti, velleità di giustizia e onore,

amore.

e lode infinita alla vita nelle sue molteplici sfumature.

non andrò a Palazzo Vecchio,

non perchè la distanza è notevole (per un vero amico non esistono sforzi in eccesso)

ma perchè quel che in me di lui dimora non muore, non pùo andarsene

e allora dirò addio alla sua forma fisica, corporea, carnale

col migliore dei riti che improvviserò in questa stanza oscura.

Immagino una fila di incensi, dei lumi i suoi volumi ed io che strappero e darò fuoco ad alcune delle sue pagine,

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auscultando il crepitio delle fiamme e la tua ultima lezione,

avendo cura di lasciare uno spiraglio aperto della mia finestra,

che un alito di vento dall’antico Himalaya possa venire ad augurarti buon viaggio,

dinnanzi al mio viso stupito e contaminato,

di tutta quell’esperienza che con noi hai condiviso e non immaginavi potesse muoversi in massa verso un comune sensibile sentire,

dopo il tuo ultimo respiro.

Ci vediamo in fondo a quella strada che in solitudine accolse i tuoi primi passi,

ora rincorrono le tue orme generazioni di uomini fioriti, forti in ideali inossidabili

continua ti prego a guidarci laddove ora ci scrivi in sogni.

vik. “

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