La Chiesa Usa sempre più contro Obama
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La Chiesa Usa sempre più contro Obama

Orfani di Santorum le gerarchie cattoliche si mostrano anti-liberal e diventano parte dell'anima religiosamente intransigente del Paese.

La Chiesa Usa sempre più contro Obama
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19 Aprile 2012 - 14.26


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di Massimo Faggioli

Quando si considera il problema della libertà religiosa per i cristiani, il pensiero corre alla Cina, ad alcuni paesi dell’Asia Centrale, del Medio Oriente e dell’Africa, e non certo agli Stati Uniti. Ma la chiesa più potente d’Occidente, quella cattolica americana, ha iniziato da qualche mese a questa parte a ridefinire la propria agenda sulla base di una questione, quella della libertà religiosa, che è la quintessenza della vicenda politico-teologica dell’America moderna.

I vescovi americani hanno lanciato ufficialmente la campagna con il documento intitolato “La nostra prima e più amata libertà” (Our First, Most Cherished Liberty), pubblicato il 12 aprile dal comitato ad hoc della Conferenza episcopale. La libertà a cui fanno riferimento i vescovi del comitato, guidato dall’arcivescovo Lori (in procinto di trasferirsi alla prestigiosa sede di Baltimora), è la libertà religiosa, a loro dire sotto attacco da parte del potere politico negli Stati Uniti, in particolare del governo federale dell’amministrazione Obama e del Partito democratico a livello locale. I vescovi citano, oltre all’ormai famoso mandato del ministero della sanità circa la copertura assicurativa per la contraccezione che deve essere garantita a tutti i dipendenti (cattolici e non) di ospedali e scuole cattoliche, altre aree di attrito tra le politiche pubbliche e il magistero morale e sociale della chiesa cattolica: le leggi sull’immigrazione (quella dell’Alabama in particolare); la richiesta rivolta alla chiesa di definire chiaramente la differenza tra “ministro di culto” e “impiegato della chiesa” (legato alle tutele contro gli ingiusti licenziamenti dei dipendenti laici delle chiese); la possibilità di gruppi cattolici nei campus universitari di poter accettare membri sulla base di ben precisi valori morali (contro l’omosessualità) in eccezione alle regole anti-discriminazione dei college; la possibilità per i gruppi di volontariato cattolico di operare senza sottostare alle norme del governo circa le adozioni per le coppie omosessuali.

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Il documento dei vescovi, accompagnato da un presenzialismo senza precedenti sui mass media americani, lancia due settimane di lotta, dal 21 giugno al 4 luglio (durante le quali il calendario liturgico ricorda martiri come Pietro e Paolo, san Giovanni Battista e Thomas More), in cui le diocesi e le parrocchie sono invitate a tenere iniziative speciali per la difesa della libertà religiosa della chiesa.

Anche se citata come una questione tra le altre, quella della contraccezione è la più importante dal punto di vista simbolico. Negli Stati Uniti vi è un numero sostanziale, seppur minoritario, di cattolici che rigetta la contraccezione nella teoria e nella pratica. Ma significativamente il documento dei vescovi non cita l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI (1968), il riferimento magisteriale obbligato: i vescovi non vogliono dare l’impressione di voler tentare di vincere legislativamente una battaglia che hanno perso culturalmente all’interno della chiesa. Questo non è il solo problema di questa lotta dei vescovi.

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Proprio nei giorni in cui Roma potrebbe annunciare l’accordo con gli scismatici ultra-tradizionalisti di Lefebvre per un loro rientro in comunione con il Vaticano, i lefebvriani americani hanno pubblicato una critica tagliente del documento della Conferenza episcopale: «Questa esortazione dei vescovi americani è piena di affermazioni erronee e di esempi storici tragici, in cui i vescovi prendono a modello eventi in cui furono compromessi certi principi cattolici – eventi che la Conferenza episcopale mostra invece come modello di splendidi esempi di cattolicesimo».

I lefebvriani non lo possono dire (il documento papale più recente che citano è il Sillabo di Pio IX del 1864), ma la dichiarazione dei vescovi pecca di altre omissioni importanti, come la questione della libertà religiosa per gruppi religiosi, come l’Islam americano, che non hanno la forza necessaria a imporre la loro agenda alla politica. Questo passo dei vescovi pone la chiesa in rotta di collisione con il governo federale nei mesi della campagna elettorale per le presidenziali del novembre prossimo.

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Va così a cementarsi la divisione politica tra cattolici democratici e cattolici repubblicani così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo decennio almeno. Il significato politico di lungo termine è di portata ancora maggiore: con un episcopato politicamente all’offensiva, indifferente alle divisioni interne create da questo attivismo, e supportato da Roma, la chiesa cattolica americana è consapevole di essere ormai la chiesa di riferimento per l’anima religiosamente intransigente e anti-liberal d’America. Lo spiega efficacemente Bad Religion: How We Became a Nation of Heretics, il libro (in uscita in questi giorni) del columnist cattolico conservatore del New York Times, Ross Douthat: in America è scomparso il “centro” dal punto di vista del consenso religioso-morale nel paese.

La chiesa cattolica sta cercando di riempire quel vuoto e di sostituirsi a quel centro che non esiste più. È un passaggio storico epocale: una scommessa per vincere l’anima religiosa del paese, a spese della coesione interna della chiesa.

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