Per uno scoglio rischio guerra tra Tehran e le petromonarchie
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Per uno scoglio rischio guerra tra Tehran e le petromonarchie

Un lembo di terra all’entrata dello Stretto di Hormuz, Abu Musa, è il nuovo terreno del conflitto a distanza tra l’Iran sciita e le petromonarchie sunnite del Golfo.

Per uno scoglio rischio guerra tra Tehran e le petromonarchie
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23 Aprile 2012 - 08.20


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di Michele Giorgio

Il piccolo lembo di Abu Musa, all’entrata dello Stretto di Hormuz, è il nuovo terreno del conflitto a distanza che stanno combattendo l’Iran sciita e le petromonarchie sunnite del Golfo, in attesa di quello diretto che, con ogni probabilità, divamperà in conseguenza di un attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane. Dopo lo scontro in corso da anni in Libano (tra gli sciiti di Hezbollah e i sunniti che fanno capo a Saad Hariri), quello in Yemen (tra governo centrale appoggiato da Riyadh e sciiti Houthi sponsorizzati da Tehran), in Siria (tra il regime alawita di Assad e i sunniti) e in Bahrain (tra la monarchia al Khalifa e gli sciiti che sono la maggioranza della popolazione), adesso è l’isoletta di Abu Musa ad infiammare i rapporti tra le due parti.

Si tratta di una disputa territoriale che va avanti da decenni – e che riguarda anche altre due isolette all’entrata di Hormuz: la grande e la piccola Tunb – ma è riesplosa nei giorni scorsi, dopo l’arrivo a sorpresa ad Abu Musa del presidente iraniano Ahmadi Nejad. Immediate le proteste degli Emirati arabi uniti che reclamano la sovranità sull’intero arcipelago. Martedì scorso si è riunito il Consiglio di Cooperazione del Golfo (che include le sei petromonarchie) e il suo segretario di turno, Abdul Latif al-Zayani, ha definito la visita di Ahmadi Nejad una «chiara violazione della sovranità degli Emirati». Abu Dhabi ha richiamato il suo ambasciatore a Teheran «per consultazioni» e ha consegnato una lettera di protesta all’ambasciatore iraniano.

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Tehran ha replicato ribadendo che il controllo iraniano sulle isole non può essere oggetto di negoziati. «Non permetteremo ad alcun paese di invadere Abu Musa», ha affermato il comandante in capo Ahmad Reza Pourdastan, «Se questi contrasti non si risolveranno con la diplomazia, le forze armate sono pronte a mostrare la potenza dell’Iran». Una disputa storica L’isola ha fatto parte del territorio iraniano dall’antichità fino all’inizio del secolo scorso quando il colonialismo britannico ne prese il controllo e negli anni ‘60 la regalò a Sharjah, uno degli Emirati. Nel 1968, dopo il ritiro della Gran Bretagna, l’Iran decise di annettersi l’isola. Tre anni dopo gli Eau e Tehran riconobbero la sovranità amministrativa all’emirato di Sharjah e la presenza dell’esercito iraniano sull’isola. Dopo la rivoluzione khomeinista, l’Iran ha portato la questione all’Onu e ha aumentato il controllo sull’isola procedendo all’espulsione dei lavoratori stranieri.

Non sono chiari i motivi della visita improvvisa di Ahmadi Nejad ad Abu Musa. Tuttavia con la tensione che sale ogni giorno nel Golfo, a causa delle voci insistenti di un attacco israeliano, il presidente iraniano ha voluto segnalare ad avversari vicini e lontani che, grazie anche al controllo delle tre isolette, il suo paese sarebbe in grado di bloccare, in caso di guerra, lo Stretto di Hormuz (attraverso il quale transita 1/5 del petrolio mondiale), nonostante la presenza delle navi da guerra della V Flotta americana, con base nel Bahrain. E Washington ha immediatamente dato pieno appoggio «all’iniziativa degli Emirati» di risolvere la crisi attraverso un arbitrato internazionale che potrebbe negare i diritti dell’Iran su Abu Musa.

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