Bahrain: il re annuncia riforme ma tiene in carcere i minorenni
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Bahrain: il re annuncia riforme ma tiene in carcere i minorenni

L'opposizione sminuisce significato emendamenti alla costituzione e ricorda che anche i rivoltosi giovanissimi vengono tenuti in cella.

Bahrain: il re annuncia riforme ma tiene in carcere i minorenni
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4 Maggio 2012 - 14.04


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Non impressionano l’opposizione gli emendamenti alla Costituzione ratificati ieri da re Hamad al Khalifa nel tentativo di placare le proteste che da oltre un anno occupano le strade di questo piccolo arcipelago del Golfo, stretto alleato degli Stati Uniti e protetto dall’Arabia saudita. I morti, secondo i centri per i diritti umani, sono stati sino ad oggi una novantina, centinaia i feriti mentre molti oppositori politici sono stati condannati a pesanti pene detentive.

«Il processo di riforme non si arresterà», ha promesso ieri il sovrano sunnita che regna su una popolazione in maggioranza sciita, discriminata e in buona parte tenuta lontano dai vertici del potere. Re Hamad ha anche esortato l’opposizione a rinunciare alla protesta e «partecipare ai cambiamenti» che, a suo dire, sarebbero stati avviati nel paese.

Gli emendamenti approvati obbligano il re a consultare i capigruppo in Parlamento e il Consiglio consultivo prima di annunciare la fine della legislatura. Il Parlamento ha la possibilità di sfiduciare il primo ministro ma la fine di un governo rimane nelle mani del re. Cambiamenti insignificanti, dicono le opposizioni che chiedono un governo eletto dal popolo. «La monarchia continua ad avere il potere esclusivo di nominare o dichiarare decaduto un governo e questo non è democratico. Solo il popolo, attraverso il Parlamento, deve poter dare la fiducia o sfiduciare un esecutivo», spiega Abdul Jalil Khalil, del partito Wefaq, aggiungendo che occorre abolire il Consiglio consultivo, nominato dal re allo scopo proprio di “limitare i poteri” del Parlamento.

L’ambiguità della monarchia è resa ancora più evidente dalla mancata revoca di una serie di provvedimenti di sicurezza che consentono arresti indiscriminati di oppositori, che colpiscono anche i minori. Come nel caso di due ragazzini di 13 anni, Yasin Sheber e Abdulkarim Hasan, arrestati domenica scorsa e accusati di «aver partecipato ad atti criminali» durante le proteste contro il re. Ieri un giudice ha deciso che rimarranno in carcere per altri sette giorni. Gli avvocati dei due minori hanno denunciato che i loro assistiti sono stati picchiati in carcere ed etichettati come «figli dell’Iran». La monarchia sunnita sostiene, con l’appoggio dell’Arabia saudita, che in Bahrain non sarebbe in corso una proteste per riforme democratiche bensì «un complotto sciita iraniano».

Rimane dietro le sbarre anche l’attivista dei diritti umani Abdelhadi al Khawaja, da settimane in sciopero della fame. Al Khawaja, condannato nel 2011 ad un pesante pena detentiva, sarà riprocessato assieme ad altri oppositori.

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