Tutte le attività sono sospese. Bloccate, paralizzate dal crescendo di ferocia. L’Onu stoppa i suoi osservatori in Siria, «troppi rischi» spiega il generale Robert Mood. Non è una resa, è una pausa. «Gli osservatori non condurranno le loro ricognizioni e resteranno nelle loro basi fino a nuovo avviso. Gli impegni con le parti saranno limitati», dice Mood, che non getta la spugna: «La sospensione sarà presa in esame quotidianamente. Le operazione riprenderanno quando vedremo che la situazione sarà idonea per portare avanti le attività di cui abbiamo mandato».
L’annuncio dell’Onu arriva in una situazione di emergenza totale. Secondo gli attivisti, oltre un migliaio di famiglie, con un elevatissimo numero di donne e bambini, sono intrappolate a Homs, la città martire assediata dalle forze lealiste e sotto bombardamento ormai quotidiano. I quartieri dove i civili sono particolarmente in pericolo e allo stremo, caduta ormai da settimane l’ex roccaforte ribelle di Baba Amro, sono quelli al-Khalidiyeh, Jourat al-Shia, Qarabes, Qusour e la stessa Città Vecchia, comprendente i distretti storici di Baba Tadmur, Baba al-Dreib, Baba Hud e la Cittadella.
«Gli abitanti non hanno più cibo né attrezzature mediche», spiega il presidente dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, Rami Abdel Rahman, che racconta un’altra notte di violenza e saccheggi, con 18 morti.
Ma le notizie che rimbalzano dal Paese blindato mostrano anche un’altra faccia della guerra civile. In un raro video amatoriale apparso nelle ultime ore su internet e la cui autenticità non può essere verificata in maniera indipendente, ribelli siriani sunniti dell’est del Paese appaiono mentre partecipano a un improvvisato plotone di esecuzione che spara a morte su un «informatore» del regime. Le immagini, particolarmente crude, mostrano un uomo in tunica bianca attendere in piedi gli spari degli uomini armati, che appaiono solo in pochi fotogrammi. I colpi raggiungono la vittima alla testa e il cranio esplode mentre l’uomo si accascia a terra.
I ribelli, che affermano di trovarsi a Quriye, nella regione orientale di Dayr az Zor al confine con l’Iraq, inneggiano a Dio e invocano la giustizia fatta contro «questo shabbiha (membro delle milizie irregolari lealiste) di al Assad».