Se vogliamo è la prima vittoria legale di Wikileaks. Piccola ma significativa. La Corte di Reykjavik ha deciso che è “illegale” il blocco delle donazioni all’organizzazione di Julian Assange deciso dalle più importanti carte di credito. MasterCard, Visa e PayPal, insomma, non possono impedire agli utenti della rete di versare soldi a chi vogliono.
E’ una sentenza importante. Perché Wikileaks ha la sua base in Islanda e poi perché in decine di altri paesi – in Europa e in Australia – le associazioni che si battono per le libertà digitali hanno fatto ricorso ai giudici, sostenendo l’illegittimità del “blocco” economico. E la sentenza di Reykjavik potrebbe diventare un riferimento giuridico.
Come si ricorderà, nel dicembre di due anni fa, nel pieno della vicenda Wikileaks – mentre cioè l’organizzazione stava rendendo pubblici migliaia di documenti riservati sulla guerra e sui traffici fra le varie diplomazie -, il governo statunitense dichiarò illegale l’attività dell’associazione. Senza una sentenza.
Immediatamente dopo le dichiarazioni del governo americano, arrivò la decisione della MasterCard, della Visa e di PayPal di bloccare le donazioni a Wikileaks, che aveva fatto appello ai netizen perché la sostenessero. L’associazione e il sito, infatti, hanno rischiato di essere strangolati economicamente: subito hanno dovuto far fronte a quasi 700 mila euro di spese legali, più altri 200 mila dollari (più o meno 140 mila euro) per mantenere i server in oltre 40 paesi. Un appello immediatamente raccolto da centinaia di migliaia di persone. Si calcola che la sottoscrizione dovrebbe aver fruttato milioni (sì, milioni al plurale) di euro. Somme tutte bloccate da Visa, Mastercard e PayPal. Ora dovranno tirarle fuori.