La battaglia finale di Damasco è cominciata
Top

La battaglia finale di Damasco è cominciata

L’offensiva dei ribelli si chiama Vulcano di Damasco. Così l’ha battezzata il libero esercito siriano. La ribellione contagia un quartiere dopo l'altro. [Onofrio Dispenza]

La battaglia finale di Damasco è cominciata
Preroll

Onofrio Dispenza Modifica articolo

17 Luglio 2012 - 15.35


ATF
di Onofrio Dispenza

Una alta colonna di fumo dal centro di Damasco, dal quartiere Midan, cuore della battaglia di Damasco. Una seconda esplosione, dopo quella della mattinata. Nella luce del tramonto, la colonna nera è un cattivo presagio per Assad, minaccia di altri lutti per la gente di Damasco. Dai minareti non è mancato l’invito alla preghiera. La battaglia di damasco è una ragione in più per implorare Allah. È iniziata la liberazione, dicono gli insorti. E il portavoce dell’esercito ribelle non ha titubanze, urla “La vittoria è vicina!”. Il colonnello Kassem Saadeddine annuncia che i combattimenti continueranno fino a che l’intera capitale non verrà conquistata. Di “battaglia decisiva” parlano i Fratelli Musulmani, una delle principali formazioni dell’opposizione siriana. Lanciano un appello alla popolazione: Preparatevi a diventare soldati nella battaglia decisiva. Conquisterete la vittoria con le vostre mani.

Si combatte a damasco – confermano i Fratelli Musulmani – mobilitatevi tutti in vista della vittoria”. E la tv satellitare Al-Arabiya mostra i volti dei combattenti di Damasco, a Midan alla periferia della capitale. Gli abitanti di Midan, considerata la violenza dei combattimenti, sono stati invitati a lasciare le case dagli uomini di Assad, soprattutto quelle vicine alla moschea. E in effetti, quelle delle ultime ore non sono scaramucce, ma sembrano davvero l’inizio dello scontro finale. E l’offensiva dei ribelli ad Assad ha un nome, “Vulcano di Damasco”.

Il conflitto si è spostato, dunque, nel cuore del Paese, a Damasco, a poco distanza dal Palazzo di Assad, sull’asse che unisce la capitale siriana all’aeroporto, momentaneamente riaperto. La ribellione contagia un quartiere dietro l’altro. Un copione già visto nella caduta di altri regimi. In questo momento i ribelli sferrano attacchi alla luce del sole nel cuore della capitale. Non più assalti sporadici contro le truppe regolari, per lo più di notte. Ci si guarda in viso: da una parte i ribelli, dall’altra le truppe ancora fedeli ad Assad. Nei combattimenti è rimasto ucciso lo stesso vice capo del dipartimento di polizia di Damasco, un generale.

Leggi anche:  “Da oggi la bella vita è finita”: il Governo lancia lo spot contro l’evasione fiscale mentre depenalizza gli evasori

Issa Duba – così si chiamava l’alto ufficiale – è stato ucciso proprio nel quartiere di Al Midan. Ma continuano le defezioni, mentre su un altro piano, quello politico e diplomatico, la partita è aperta e si gioca su più tavoli. Importante quello di Mosca.”La crisi siriana si trova ad un bivio – dice Kofi Annan, inviato dell’Onu – questo è il momento chiave di svolta. Parole che Annan ha detto incontrando Putin. “Spero di tornare a Mosca – ha aggiunto l’inviato delle Nazioni Unite – non per un motivo così tragico, ma quando sulle mie spalle non ci sarà più una responsabilità così pesante”. Così Annan dopo aver visto Putin. Cosa farà Mosca? “Non vedo alcuna ragione per cui i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu non hanno ancora trovato un accordo sulla risoluzione per la Siria. Dice il ministro degli Esteri russo, Lavrov. La partita è di quelle che determinano il prima e il dopo per Mosca. Se Putin viene colta dal dubbio, per Assad è davvero finita, al di là della battaglia di Damasco.

E Mosca in queste ore può pensare davvero che sarebbe meglio determinare le cose in modo da poter parlare con chi verrà dopo Assad. Almeno ci potrà provare. Se Mosca non lo farà e Assad cadrà, la nuova Siria sbatterà la porta in faccia a Putin e farà sloggiare in fretta e furia quel manipolo di soldati russi coi piedi in acqua nel Mediterraneo. Vicino, forse, alla fine, e mentre la bella moglie spende e spande ( spande soprattutto odio nei confronti degli Assad ) il presidente siriano fa però paura. “Se continuerà a essere messo con le spalle al muro, il regime di Bashar Assad non esiterà a usare armi chimiche”, che forse sono già state “parzialmente impiegate a Homs”.

Leggi anche:  “Da oggi la bella vita è finita”: il Governo lancia lo spot contro l’evasione fiscale mentre depenalizza gli evasori

La denuncia, raccolta dalla Bbc, è di Nawaf Fares, ex ambasciatore siriano in Iraq, che la settimana scorsa ha disertato per unirsi ai ribelli. Nell’intervista, il diplomatico ha definito le truppe fedeli ad Assad “criminali assassini”. Il regime “è ormai isolato” e chiuso in un angolo, ha proseguito Fares, aggiungendo nuove accuse ad Assad:in passato – ha detto l’ex ambasciatore – ha collaborato con al-Qaeda per lanciare contro i ribelli.

Intanto, Damasco brucia e le fiamme promettono d’essere più alte nelle prossime ore. Le truppe fedeli ad Assad oggi sparano colpi di mortaio nei quartieri di Qabun e Jobar, provocando un incendio anche nei pressi della grande moschea di Jobar. Lo riferisce, via Skype una attivista che chiede di essere identificata solo come Bayan. “Le persone stanno provando a spegnere le fiamme con getti d’acqua, aiutandosi con i secchi”, racconta la donna via Skype. Terrorizzata, racconta anche che le truppe governative hanno istituito posti di blocco attorno alla capitale, e stanno controllando, auto dopo auto, tutti i passeggeri. Da Damasco arriva, comunque, la voce degli insorti e dei resistenti.

La popolazione riferisce che nella maggior parte delle aree interessate dai combattimenti le forze dell’esercito governativo non sono state in grado di prendere il controllo. Sono zone popolari ad alta densità abitativa che i rivoluzionari conoscono molto bene. Qui, i militari non hanno alcuna dimestichezza coi luoghi, rischiano. Rischia la fermezza delle truppe, si diffonde la diserzione, il passaggio sull’altra sponda della battaglia. E di una nuova, importante diserzione parla Al-Jazzera: Ziad Talas, ufficiale dell’aviazione di Damasco è fuggito in Giordania. Il dilagare delle violenze nella capitale è, come dicevamo, il risultato dell’inizio dell’operazione “Vulcano di Damasco”.

Leggi anche:  “Da oggi la bella vita è finita”: il Governo lancia lo spot contro l’evasione fiscale mentre depenalizza gli evasori

Il comando congiunto dell’Esercito libero siriano e tutti i consigli militari provinciali, le cellule e le brigate ( nel frattempo l’esercito ribelle ha saputo strutturarsi e armarsi meglio ) hanno promesso di “scuotere” i vertici del regime e i suoi apparati di sicurezza e militari. A Damasco si spara e si muore. Le violenze non si sono fermate la notte scorsa, per tutta la giornata di oggi, e si annuncia un’altra notte di combattimenti. Gli insorti rivendicano l’abbattimento di un elicottero, l’esercito smentisce.

Muoversi a Damasco è diventato pericoloso, l’esercito si è schierato per fare fronte a quella che potrebbe essere la battaglia finale. Sul campo è difficile attendere i tempi della diplomazia. Quando nelle case entra il lutto, la politica internazionale, l’azione delle Nazioni Unite sono dieci volte più distanti. Damasco è blindata, difficile uscirne, difficile entrarci. Testimoni oculari raccontano di posti di blocco che isolano anche il Rif di Damasco, la provincia che circonda la capitale.

Massima sorveglianza sulla strada per l’aeroporto di Damasco, chiusa ieri per ore. Riaperta l’autostrada che porta in Giordania, bloccata ieri dai rivoltosi; autostrada che arriva alla capitale giordano costeggiando il fiume Giordano. In città, in cielo, gli elicotteri di Assad sorvolano le zone di Mezzeh, Kafar Sousse, Midan, Nahr Eishe e di altri quartieri. E sparano. E uccidono. Colpiti in particolare il quartiere di Midan e di Maadamiyeh. Gli insorti sostengono di aver abbattuto un elicottero, le forze governative smentiscono.

Nel centralissimo quartiere di Abu Rummaneh, uno dei più prestigiosi della capitale, dove hanno sede ambasciate, uffici ed edifici governativi, oggi sono state udite delle raffiche, sparatorie sono state registrate anche a piazza degli Abbasidi. Si spara a Damasco, ma nei giardini dei palazzi del potere anche oggi l’impianto d’irrigazione non ha smesso di funzionare.

[url”[GotoHome_Torna alla home]”]http://www.globalist.it/[/url]

Native

Articoli correlati