I rapporti tra l’Ecuador e la Gran Bretagna rischiano di incrinarsi ulteriormente per la vicenda di Julian Assange. Il governo di Quito annuncerà oggi formalmente il suo via libera o meno alla richiesta di asilo politico del fondatore di Wikileaks, rifugiatosi all’interno dell’ambasciata ecuadoriana nel giugno scorso. Ma Londra è intenzionata sempre di più ad estradare Assange in Svezia, dove l’uomo, che ha fatto tremare il mondo occidentale con la pubblicazione dei documenti riservati dei governi di mezzo mondo, è accusato di strupro. Il ministro degli esteri ecuadoriano Ricardo Patino denuncia una “minaccia” da parte delle autorità britanniche di “prendere d’assalto l’ambasciata di Londra, qualora non venisse
Alle 7 ora locale di Quito – le 13 in Italia – il governo dell’Ecuador guidato dal socialista Rafael Correa scioglierà la riserva. Ma l’asilo politico è un fatto che ormai viene dato per scontato, e non solo dal Paese sudamericano. Londra “ha l’obbligo giuridico di estradare Assange perché sia interrogato con
l’accusa di abusi sessuali. Rimaniamo determinati a rispettare tale obbligo”, annuncia il governo di David Cameron, sempre più fermo nella sua convinzione. Da parte sua il ministro degli esteri ecuadoriano Ricardo Patino denuncia una “minaccia” delle autorità britanniche di “prendere d’assalto” l’ambasciata a Londra, qualora Assange non venisse consegnato.
“L’ingresso non autorizzato di qualsiasi autorità britannica nell’ambasciata – ha ricordato il ministro – sarà considerata una violazione” del diritto internazionale e delle norme Onu. E nel definire tale minaccia un fatto “improprio per un Paese democratico, civile e rispettoso del diritto”, Patino ha fatto sapere che il sup Paese è pronto a convocare con urgenza una riunione dell’Unasur (il blocco che raggruppa 12 paesi del Sudamerica), oltre che dell’Organizzazione degli stati americani (Osa).
La minaccia della forza per prelevare Assange dall’ambasciata ecuadoriana a Londra, è contenuta in una lettera ufficiale del Foreign Office britannico, e pubblicata sull’agenzia di stampa sudamericana Andes: “Ribadiamo – è scritto nella lettera – che un uso simile delle rappresentanze diplomatiche è incompatibile con quanto stabilito dalla Convenzione di Vienna e che abbiamo già messo in chiaro le implicazioni di tutto ciò sulle nostre relazioni diplomatiche. Siate consapevoli – prosegue la lettera di Londra – che esiste una base legale, la legge sulle rappresentanze diplomatiche e consolari del 1987, che permette di intraprendere azioni per arrestare il signor Assange all’interno della rappresentanza diplomatica. Non vorremmo arrivare fino a questo punto, ma se non scioglierete il nodo della presenza di Assange, per noi questa resta una strada aperta”.
Per il fondatore di Wikileaks in ogni caso non ci sarà nessun salvacondotto. Londra su questo punto è chiara, anche nel caso in cui il governo di Quito deciderà di riconoscere a Julian Assange lo status di asilo politico. A scriverlo in una nota ufficiale recapitata al governo dell’Ecuadr è sempre il Foreing Office. “Dobbiamo asslutamente rendere chiaro un concetto: se dovessimo ricevere la richiesta di un salvacondotto per Assange, dopo la conferma dell’asilo, questa verrebbe respinta”, si può leggere nel documento.
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