Non sono servite a niente la campagna lanciata dall’allora presidente Dmitry Medvedev e varie riforme per inasprire le pene, la corruzione in Russia negli ultimi quattro anni è aumentata del 33 per cento. Ce lo fa sapere l’ultimo rapporto annuale dell’organizzazione “Mani Pulite”, legata all’associazione “Avvocati di Russia per i diritti umani”. Secondo il documento, che si basa su dati del ministero dell’Interno federale, da quando nel 2008 il Cremlino ha avviato la sua lotta alla corruzione, il costo medio di una tangente è passato dai 9.000 rubli dello stesso anno, pari a 225 euro, a 300.000 (7.500 euro) nel 2001-2012.
I dati di Mani pulite sono però contestati da Georgy Satarov, consigliere del primo presidente
post-sovietico Boris Eltsin e adesso direttore dell’associazione non governativa “Indem” che monitora
la corruzione nel Paese. “Se si parla di una media effettiva delle mazzette in Russia”, ha spiegato al quotidiano ‘Kommersant’, “non possiamo prenderle come attendibili, perché si tratta della media matematica basata sui reati registrati, e bastano tre o quattro grandi tangenti pagate negli ultimi anni per far salire di molto il dato”.
La corruzione rimane una piaga per l’economia russa, al punto che sia Medvedev sia il suo attuale successore Vladimir Putin l’hanno posta in cima all’agenda politica. Tanto più che con l’ingresso della Russia nel Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, molti hanno consigliato al Cremlino di iniziare seriamente a combattere il fenomeno, da sempre tra le ragioni principali che scoraggiano l’afflusso di capitali esteri nell’immensa Federazione.