L’alto rappresentante per i rifugiati, Antonio Guterres, ha rilanciato ieri al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’allarme rifugiati in Siria, sottolineando come il numero di persone che ha lasciato il Paese verso Turchia, Libano, Giordania e Iraq è salito oltre quota 229.000. Un quadro drammatico che richiederebbe la creazione di alcune “zone cuscinetto” all’interno della stessa Siria. Ma i ministri degli esteri riuniti nel Consiglio di sicurezza hanno dovuto prendere atto delle difficolta’ per realizzarle.
Il solito braccio di ferro. Da un lato il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, e il collega britannico, William Hague, che prospettano un’azione militare per proteggere le eventuali “zone cuscinetto”, mentre l’ambasciatore russo presso l’Onu, Vuatly Churkin, ha replicato che questa sarebbe la strada che porta diretti a un conflitto più ampio. «Dobbiamo essere chiari, la creazione di zone di sicurezza in Siria richiede un intervento militare, e naturalmente questo deve essere valutato con estrema attenzione», ha detto Hague, sottolineando che al momento «non stiamo escludendo nessuna opzione, e abbiamo piani di emergenza per una vasta gamma di scenari».
Secondo diversi osservatori, vista l’impasse all’Onu, la soluzione finale potrebbe essere quella di agire al di fuori dell’organizzazione internazionale, come accadde in Kosovo nel 1999. Per Fabius, del resto, «se Assad cade rapidamente la ricostruzione può avvenire, ma se il conflitto prosegue, dovremo essere realisti ed esaminare altre soluzioni». I delegati dei Paesi membri del Consiglio hanno quindi lanciato un appello alla comunità internazionale per nuovi finanziamenti verso la Siria, in modo da garantire una maggiore assistenza umanitaria alla popolazione. E maggiori fondi sono stati stanziati sia da Londra che da Parigi.
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