Governo portoghese sotto assedio
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Governo portoghese sotto assedio

Assediato dalla piazza e sconfessato dai poteri forti, il governo di Passos Coelho ritira il provvedimento sulla previdenza sociale. Ma prepara nuovi tagli.<br>

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29 Settembre 2012 - 13.24


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di Valerio Refat

Nei giorni in cui la crisi del debito sembra compiere un’ulteriore accelerazione, i riflettori dei media italiani si sono riaccesi sulle grandi manifestazioni di protesta che hanno percorso Madrid e Atene. In gran parte dei servizi televisivi le scene di guerriglia urbana, provocate da pochi isolati contestatori, hanno offuscato le immagini degli enormi cortei pacifici contro la politica dei tagli selvaggi messa in atto, in nome della troika (Bce, Ue e Fmi), dai governi di Mariano Rajoy e Antonis Samaras. Nelle stesse giornate è praticamente passata sotto silenzio l’evoluzione della situazione politica in Portogallo, altro grande malato d’Europa, dove le manifestazioni più imponenti dal crollo della dittatura nel 1974, hanno fatto vacillare per la prima volta dal suo insediamento il governo ultraliberista di Pedro Passos Coelho.

Pressato dalla piazza, sconfessato da una parte della sua stessa maggioranza, abbandonato dall’associazione degli imprenditori, apertamente criticato dalla chiesa e dall’esercito, il premier ha ritirato in fretta e in furia l’aumento dei contributi alla previdenza sociale tanto inviso all’opinione pubblica lusitana. Nel progetto di legge accantonato, era previsto che la percentuale dei versamenti previdenziali da parte dei lavoratori sarebbe salita dall’11 al 18, mentre quella versata dalle aziende sarebbe diminuita dal 23,75 al 18. Dal 15 settembre centinaia di migliaia di portoghesi, scandendo slogan ostili al governo e alla troika, hanno preso parte alle proteste organizzate dai maggiori sindacati in tutte le città del Paese. Nel corso dell’ultimo weekend i manifestanti hanno assediato pacificamente il parlamento, la residenza del presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, e gli uffici del Fmi a Lisbona. Dopo una serie di riunioni di emergenza, da cui è emersa la contrarietà del Partito Popular, seconda gamba della coalizione di centrodestra, all’inasprimento della tassa sociale, a Passos Coelho non restava che fare una repentina marcia indietro e optare per nuovo programma di aumento delle tasse e di tagli agli stipendi dei dipendenti pubblici da presentare entro il 15 ottobre.

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In attesa della nuova ondata di scioperi promessa dai sindacati, il governo è costretto a reperire 2 miliardi di euro per ottenere la tranche di 3,4 miliardi di aiuti prevista per fine ottobre. Le misure concordare da metà 2011 con Bce, Ue, e Fmi in cambio del piano di salvataggio da 78 miliardi di euro, dalla riduzione di salari e pensioni all’aumento generale di tasse e tariffe, hanno provocato una regressione del livello di vita dei portoghesi alla metà degli anni Settanta, una disoccupazione ormai stabilmente sopra il 15 per cento e una massiccia fuga di capitali dal Paese. Il piano del governo per diminuire il deficit al 5 per cento del Pil nel 2012, come richiesto da Bruxelles, rischia di naufragare di fronte ai numeri che, nei primi sei mesi dell’anno, hanno fotografato un Pil negativo del 3 per cento e un deficit al 6,8 per cento. Così come appare problematico il taglio a stipendi già decurtati del 30 per cento e a pochi giorni dal pronunciamento della Corte costituzionale che ha di fatto bocciato la cancellazione di tredicesime e quattordicesime nel settore pubblico e per diverse categorie di pensionati.

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