Rivolta delle donne nel mondo arabo: 40mila adesioni
Top

Rivolta delle donne nel mondo arabo: 40mila adesioni

La campagna su Facebook sta riscuotendo un successo travolgente. In migliaia rivendicano l’uguaglianza, perché non cada nel dimenticatoio della Primavera araba.

Rivolta delle donne nel mondo arabo: 40mila adesioni
Preroll

Desk Modifica articolo

15 Ottobre 2012 - 18.43


ATF
IKA DANO

Le avevamo viste in strada al fianco degli uomini durante le rivolte in Tunisia, Egitto, Bahrein. Ora che i nuovi governi non hanno saputo migliorare lo stato legale della donna, e in alcuni casi lo hanno addirittura peggiorato rispetto ai regimi autoritari precedenti, le donne rilanciano la protesta oline. Sono più di 40.600 le donne – supportate anche da voci maschili – che hanno aderito alla campagna “Rivolta delle donne nel mondo arabo” sul social media Facebook. E il numero di aderenti è destinato a crescere.Dopo la Primavera araba, migliaia ci mettono la faccia, e rivendicano ancora i propri diritti. In arabo, francese, inglese.

“Sono con la rivolta delle donne nel mondo arabo perchè sono responsabile di me stessa e della mia famiglia” – dichiara No’ma dalla Siria su un poster che tiene alto sul petto – “e posso anche essere responsabile di te…Tu mi puoi aiutare” – si rivolge la giovane donna ad un fratello, marito, padre immaginario – “Ma non sei il mio guardiano e non sei mio responsabile”.

Leggi anche:  La "nuova Siria" protettorato turco: una minaccia per Israele e non solo

Dalla Tunisia, dove il governo dominato dai Fratelli Mussulmani ha approvato due mesi fa la nuova costituzione che definisce la donna “complementare all’uomo”, le fa eco Asma: “Sono con la rivolta delle donne nel mondo arabo perché quando gli uomini vengono oppressi, è una tragedia. Quando le donne vengono oppresse, è tradizione”.

Sono tante giovani donne con o senza velo, fotografate a volte con il figlio in braccio o al fianco del compagno, che hanno scelto la piazza virtuale per far sentire la propria voce. Alcune di loro fanno riferimento concreto alle leggi discriminatorie che limitano i loro diritti. Sulla pagina Facebook creata solo due settimane fa e affollata di “Mi piace” in costante aumento si leggono commenti contro l’articolo 475 del codice penale marocchino, l’articolo 522 del codice penale libanese o il 308 di quello giordano, che prevedono l’assoluzione dello stupratore previo matrimonio con la vittima. ”Non è forse questo un buon motivo per ribellarsi?” chiedono i fondatori del gruppo “Rivolta delle donne nel mondo arabo”. E sullo stato di qualche giorno fa si rivolgono al mondo del web : “Se sei una donna in Giordania, Kuwait, Libano, Siria, Qatar, Oman, Yemen, non puoi trasmettere la tua nazionalitá a tuo marito né ai tuoi figli. Si, sei davvero un semi-cittadino per legge. Accetteresti una cosa simile?”

Leggi anche:  Diplomatici Usa incontrano in Siria i 'ribelli': annullata una conferenza stampa per motivi di sicurezza

Le rivendicazioni non hanno solo un carattere simbolico. Dopo aver partecipato alle proteste di strada ed essere state oggetto di violenza da parte delle forze di sicurezza tanto quanto i loro compagni maschi, tante donne articolano ora le loro richieste sul web. La paura che la lotta per la dignità e l’uguaglianza che ha portato milioni di persone in strada si dimentichi troppo in fretta dell’uguaglianza tra i sessi ha fatto impennare le adesioni. Marwa dallo Yemen guarda con sguardo fermo nella macchina fotografica mostrando una scritta che dichiara: “Sono con la rivolta delle donne nel mondo arabo perché è mio diritto avere una carta d’identità e un passaporto senza il mio “guardiano”.

Tante pretendono una differenziazione tra religione e discriminazione. Dal Sudan Tamima dichiara coraggiosa di voler una rivolta delle donne perché: “Il mio Islam mi ha tradito e io mi rifiuto di essere stuprata o maritata a forza in suo nome”. Diversi uomini si uniscono al coro in solidarietà, dichiarandosi contro il sistema patriarcale e ribadendo che la donna “è l’origine di tutto”. E il giovane Ismail dalla Siria ricorda che i diritti non si concedono ma si devono conquistare.

Native

Articoli correlati