“Se non l’hanno ancora capito, allora la prossima tappa sarà il vero palazzo presidenziale, quello dei Fratelli Musulmani”. Chi parla è uno dei tanti che hanno trascorso la notte accampati attorno al muro di cinta di Ittahdiya, la residenza presidenziale -una volta di Mubarak, oggi di Morsi- che ieri sera è stata assediata pacificamente da una marea di manifestanti. Piazza pacifica, al momento, ma estremamente agguerrita. Non a caso il nome che si sono scelti.
L’hanno chiamata la Marcia dell’Ultimo Avvertimento, contro i poteri illimitati assunti dal presidente Morsi e contro la nuova Costituzione, troppo islamica, troppo poco rispettosa delle diversità dell’Egitto. In funzione anti-Morsi e anti-Fratelli Musulmani, col passare dei giorni sembra saldarsi un vasto fronte di partiti laici e liberali, movimenti rivoluzionari di Tahrir, ceti medio-alti, ma anche giudici, giornalisti e un numero crescente di donne egiziane.
Per ora, l’esercito tace, ma da solo controlla un terzo dell’economia del paese. Un blocco sociale dal peso formidabile, su cui conta il neonato Fronte di Salvezza Nazionale, guidato dal socialista Hamdeen Sabahi, dall’ex-Segretario Generale della Lega Araba Amr Moussa, e da Mohamed El-Baradei, Premio Nobel per la Pace ed ex-direttore dell’agenzia Atomica Internazionale. Che annunciano: escalation della resistenza pacifica.
A piazza Tahrir e al palazzo presidenziale, intanto lo slogan è di nuovo quello della Rivoluzione: “Il popolo vuole la caduta del regime”. La cronaca degli eventi a questo punto accelera verso direzioni imprevedibili. Le decisioni delle diverse anime della piazza a confronto con le altrettanto varie linee dei sostenitori del Presidente Morsi. La rivoluzione egiziana non ha ancora completato il suo percorso del dopo Mubarak.