Hamas accoglie Mashaal e fa il tifo per Morsi
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Hamas accoglie Mashaal e fa il tifo per Morsi

Oggi il leader uscente del movimento islamico entra per la prima volta nella Striscia. Hamas domani celebra a Gaza il suo anniversario seguendo quanto accade al Cairo.

Hamas accoglie Mashaal e fa il tifo per Morsi
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7 Dicembre 2012 - 15.06


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di Michele Giorgio

Oggi intorno alle 12 locali farà il suo ingresso trionfale a Gaza, per la prima volta in 45 anni, Khaled Mashaal, leader uscente dell’ufficio politico di Hamas. È un evento che il movimento islamico prepara con cura da mesi per celebrare il 25esimo anniversario della sua fondazione. Gaza in questi giorni è colorata del verde delle bandiere di Hamas interrotto a tratti dal rosso dei vessilli del Fronte popolare che ieri ha festeggiato l’anniversario della sua costituzione. Il «compleanno» di Hamas giunge 15 giorni dopo la fine dell’offensiva israeliana «Colonna di Difesa» che secondo il movimento islamico si sarebbe conclusa con la «vittoria» della sua ala armata, «Ezzedin al Qassam», capace di rispondere per otto giorni di fila con il lancio di razzi ai bombardamenti di Israele.

Eppure in queste ore tra i più alti dirigenti di Hamas non regna solo la soddisfazione per lo status di «attori regionali» che si sono guadagnati combattendo Israele. Il premier Ismail Haniyeh e lo stesso Mashaal (già giunto in Egitto), seguono con trepidazione quanto accade al Cairo e temono per le sorti dell’organizzazione «madre», i Fratelli musulmani, e del presidente islamista Mohammed Morsi, messo sotto pressione dalle proteste dell’opposizione laica e progressista. Hamas tifa Morsi, per ragioni ideologiche e per motivi di interesse immediato. Ai margini della grande partita che si sta giocando sul futuro dell’Egitto, ci sono le strettissime relazioni che Khaled Mashaal e il suo vice, Musa Abu Marzook, hanno saputo cucire con i Fratelli Musulmani e gli altri islamisti egiziani che attraverso le elezioni (vinte regolarmente e con ampio margine) hanno preso il controllo di presidenza, parlamento e assemblea costituente.

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Due le questioni più immediate: l’accordo di cessate il fuoco e il dialogo per la riconciliazione nazionale palestinese, ossia fra Hamas e il partito Fatah del presidente dell’Anp Abu Mazen «I disordini in corso in Egitto congelano per il momento i negoziati per la ricomposizione della crisi interna palestinese, il Cairo è impegnato a risolvere i suoi problemi», ha annunciato Ahmed Yousef, un ex consigliere diplomatico del premier Haniyeh, sostenitore della «svolta diplomatica» impressa da Mashaal alla linea di Hamas, a cominciare dalla rottura con la Siria di Bashar Assad, decisa alla fine dello scorso anno, e l’avvicinamento al ricco Qatar e all’Egitto ora controllato dai Fratelli Musulmani.

Morsi, con il quale Mashaal vanta rapporti di amicizia, è un elemento centrale nella strategia «diplomatica» del leader di Hamas. Il presidente egiziano è riuscito a conquistare la fiducia dell’Amministrazione Obama con la sua linea morbida in politica estera che non mette in discussione in alcun modo gli interessi americani nella regione. Meshaal e parte dell’ala politica di Hamas pensano che i buoni rapporti tra il Cairo e Washington saranno la strada giusta per ottenere il riconoscimento, almeno parziale, degli Stati Uniti. «Meshaal e i suoi collaboratori – spiega un giornalista di Gaza che ha chiesto di rimanere anonimo – pensano che il secco «no» da Israele all’apertura del dialogo tra Hamas e gli Usa (sino a quando gli islamisti palestinesi non riconosceranno lo Stato ebraico, ndr) sia aggirabile, abbinando la stabilità della regione al rafforzamento del cessate il fuoco con Israele siglato il 21 novembre».

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Un lento processo che forse sarà aiutato da un cambiamento nell’atteggiamento dell’establishment israeliano che, dopo l’iniziativa di Abu Mazen che ha portato al riconoscimento della Palestina come Stato osservatore all’Onu, potrebbe essere più interessato a stabilire un modus vivendi con Hamas a Gaza che a fare un accordo con la presidenza palestinese. Gli israeliani oggi guardano con occhi diversi a Meshaal, che pure quindici anni fa tentarono di assassinare nelle strade di Amman. «Dal nostro punto di vista, Khaled Mashaal ora gioca un ruolo positivo – dice Shlomo Brom dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale di Tel Aviv -, Hamas è divisa in due gruppi, i leader all’interno (dei Territori occupati) e quelli all’estero, più moderata, ecco perchè Mashaal è seguito con crescente interesse».

Naturalmente nessun uomo politico israeliano dirà mai che Mashaal è oggi un «moderato» e invece continuerà a definirlo un «terrorista». Di fatto però stanno già dialogando con il leader uscente di Hamas, attraverso la mediazione egiziana dell’accordo sul cessate il fuoco che si tiene al Cairo. «In pubblico ripeteremo che noi non trattiamo con loro (Hamas) ma le cose stanno cambiando di fronte ai nostri occhi e se Mashaal dimostrerà di poter realizzare ciò che dice di voler raggiungere, qualche israeliano gli parlerà, magari dietro le quinte, ma lo farà», garantisce Uzi Rabi, direttore del Centro Moshe Dayan di Tel Aviv.

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