Secondo “Vecernje Novosti” per effetto degli ordigni all’uranio impoverito sganciati dalla Nato sulla Jugoslavia nella campagna di bombardamenti del 1999, nei prossimi anni 40 mila serbi potrebbero essere affetti da tumori e fra i 22 ed i 23 mila ne moriranno. “Questo significa circa 3 mila nuovi pazienti in tempi brevi e mille o duemila vittime in più rispetto agli ultimi dati, che si riferiscono al 2010”. Sono previsioni del dottor Slobodan Cikaric, presidente dell’associazione serba per la lotta al cancro, che continua a sostenere come le munizioni sparse dagli aerei dell’Alleanza continuano a seminare morte e lo faranno ancora per anni.
“Le proiezioni sono terribili ed anche la frequenza dei cosiddetti tumori solidi comincia a crescere su base annuale, del due per cento soltanto nell’ultimo: e visto che il materiale radioattivo rimane sul nostro territorio, possiamo solo attenderci un forte aumento dei tumori maligni”, continua Cikaric. Dal 2001 al 2010 il casi di tumore in Serbia sono aumentati del 20 per cento, e i decessi per questa causa del 25. “Sono drammaticamente aumentati i casi di linfomi e leucemie, che rappresentano il 5 per cento di tutte le neoplasie, in nove anni la loro frequenza è salita del 110 per cento e quella della mortalità del 118, questo significa che per questo genere di malattie la frequenza dei decessi è salita dell’11 – 12 per cento”.
“La malattia ha cominciato a far registrare questa espansione sette anni e mezzo dopo la campagna di bombardamenti, ossia nel 2006, e questi non sono i risultati di una ricerca improvvisata ma di un’indagine approfondita che ha coivolto i dati medici di 5 milioni e mezzo di cittadini”.