da Londra
Francesca MarrettaSette ostaggi stranieri e 11 sequestratori morti sarebbe il drammatico il bilancio al termine del blitz finale lanciato dalle forze algerine all’impianto di estrazione di gas naturale di In Amenas, attaccato mercoledì scorso da un commando di estremisti islamici che hanno sequestrato diversi stranieri e centinaia di lavoratori algerini.
Da fonti inglesi la nostra Francesca Marretta ci informa durante l’attacco finale sferrato dalle truppe algerine sarebbero rimasti uccisi almeno sette ostaggi, di cui mentre scriviamo non è nota la nazionalità, e undici assalitori. I lavoratori morti oggi sono stati finiti con esecuzioni sommarie mentre l’azione delle forze speciali algerine si sviluppava.
Quindici corpi non identificati sono stati trovati nel compound. Dall’inizio del sequestro sono morti almeno 19 sequestrati, un bilancio che potrebbe aumentare dato che una trentina di persone mancano all’appello, di cui dieci britannici. Sedici ostaggi sono stati liberati oggi, tra cui due statunitensi, un portoghese e due tedeschi.
I soldati algerini stanno bonificando l’area del compound da mine piazzate dal commando islamista.
Secondo il giornale algerino El Watan gli assalitori erano 32. Gli scampati raccontano che i miliziani erano stranieri, molti arabi, ma non algerini e probabilmente anche un francese (o almeno così appariva dall’accento).
Il leader del commando è secondo le ricostruzioni il nigeriano Abdul Rahman al Nigeri, alleato di Mokhtar Belmokhtar, leader delle Brigate Mulathameen, formatesi distaccandosi da Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim). Gli scampati hanno raccontato che i miliziani legati ad Aqim intendevano catturare stranieri.
Un bagni di sangue, a quanto sappiamo, ma per Algeri in questa crisi l’obiettivo primario era uccidere il maggior numero di assalitori. Per i paesi coinvolti nella crisi la priorità sarebbe stata la vita dei connazionali. Il negoziato non era contemplabile per Algeri data la storia recente del paese teatro di una guerra intestina con gli islamisti.
Se è vero che non vi è stato nell’azione delle forze algerine il coinvolgimento di militari stranieri, almeno un aiuto Usa c’è stato ed è il supporto con aerei drone Predator in grado di fornire informazioni sulla posizione dei terroristi nel compound preso d’assalto. Tra gli ostaggi morti vi sono britannici e americani.
La mancata consultazione per il blitz da parte di Algeri, non digerita dalle cancellerie dei paesi coinvolti, è stata gestita in maniera diversa da Londra e Washington. Mentre il premier britannico Cameron ha pubblicamente espresso disappunto, il segretario Usa alla Difesa Panetta si è astenuto da critiche dicendo che il governo di Algeri aveva il polso della situazione.
La crisi degli ostaggi è iniziata alle 5.45 del 16 gennaio con l’assalto a sequestro di due autobus che trasportavano lavoratori, con cui i miliziani si sono introdotti nel complesso energetico. Successivamente le truppe speciali algerine hanno circondato la zona, per entrare in azione alle 12 ora locale del 17 gennaio.
L’assalto al compound è una rappresaglia per l’intervento francese in Mali. A conclusione della crisi algerina il Presidente francese Hollande ha condiviso la scelta di Algeri per un “no” ad ogni negoziato. I gruppi coinvolti nell’assalto avevano in agenda anche la richiesta della liberazione di jihadisti reclusi negli Usa, tra cui l’egiziano Omar Abdel Rahman ed Aafia Siddiqui.