Muhammad Melsi, trentacinquenne padre di quattro ragazze, tutte sotto i 13 anni di età, aveva lavorato duro per anni, ma alla fine ce l’aveva fatta, era soddisfatto di sé e delle condizioni di vita che aveva assicurato alla sua famiglia, residente a poca distanza da Damasco. Poi gli scontri tra l’esercito lealista e gli insorti siriani lo avevano costretto a traslocare ditta e famiglia nel campo profughi di Yarmouk, sempre nei pressi della capitale siriana. Ma la guerra lo ha raggiunto anche lì e per salvarsi è fuggito con tutta la famiglia, in Libano.
L’unico luogo dove ha trovato il modo di dare un tetto ai suoi è stato il campo profughi di Ain el-Helweh, dove si è sistemato, cominciando il lavoro più duro: la ricerca di un lavoro.
Alla fine c’è riuscito: spazzino a Beirut.
Muhammad Melsi ha cominciato la vita di molti palestinesi, di molti vicini: si svegliava che era notte ancora fonda, usciva dal campo verso le quattro, in due ore riusciva a raggiungere Beirut, per prendere servizio verso le sei, sei e mezza, lavorare otto ore, o di più, tornare a casa verso le sei di sera… Intorno a sé, raccontano i palestinesi di Ain el-Helweh, Muhammad Melsi cominciava a sentire tante voci, voci solidali con il dramma del suo popolo, ma anche voci ostili, perché i profughi siriani ormai sono ovunque, ovunque…
Anche quella matitna Muhammad Melsi è uscito di casa come al solito, verso le quattro, ma arrivato ai confini del campo è stato fermato da un soldato e pesantemente insultato. La discussione si è protratta, poi è dovuto tornare a casa. Una vicina racconta di averlo visto salire al secondo piano: di solito faceva così per fumare senza disturbare le figlie, afflitte da problemi polmonari. Ecco perché lei non si è sorpresa, neanche quando lo ha visto cominciare a salire e scendere, come cercasse qualcosa, forse il pacchetto di sigarette. Invece cercava una corda, quella con cui si è impiccato in un sottotetto.
Il suo caso è passato completamente inosservato tra i numerosi operatori umanitari che operano nel campo. Solo i palestinesi hanno voluto organizzare le esequie di Muhammad Melsi, accompagnandolo attraverso il campo fino al cimitero. Solo loro hanno sentito il bisogno di salutarlo.