Mali e Algeria, tra terrorismo e neocolonialismo
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Mali e Algeria, tra terrorismo e neocolonialismo

La Gran Bretagna, la Germania, la Danimarca invitano i propri cittadini a lasciare la zona di Bengazi: l'allargarsi di al Qaeda nel Maghreb fa paura.

Mali e Algeria, tra terrorismo e neocolonialismo
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29 Gennaio 2013 - 14.32


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di Paola Di Fraia

L’ambasciata britannica a Tripoli teme possibili nuovi attentati. Negli ultimi giorni il Foreign Office ha diramato un comunicato in cui invita i cittadini britannici presenti in Libia a lasciare il paese per la possibilità di nuovi attentati, una diretta conseguenza di quanto sta succedendo in Mali, dove i britannici stanno dando supporto logistico alle operazioni militari francesi contro i ribelli di al Qaeda; e degli episodi di terrorismo in Algeria, dove oltre una trentina di cittadini stranieri sono stati rapiti e uccisi a seguito di un attacco di alcuni ribelli ad un impianto di gas nel sito di In Amenas.

Pochi giorni dopo, il ministero degli esteri britannico, così come quello danese e tedesco, ha espressamente chiesto ai propri cittadini di lasciare la regione di Bengazi, una regione dove si concentrano molte delle attività estrattive libiche e a più alta instabilità per quanto riguarda il controllo del governo centrale. La Gran Bretagna non ha una rappresentanza diplomatica a Bengazi da quando l’11 settembre scorso l’ambasciatore americano, Chris Stevens, è stato ucciso in un attentato. Ed è sempre da settembre 2012 che sconsiglia i propri cittadini di recarsi nella regione.

Il ministro dell’Interno libico, Abdullah Massoud, ha dichiarato che la situazione in Libia non richiede una risposta simile da parte del governo britannico e ha paventato che simili decisioni aggravino la stabilità della regione.

Tuttavia, la questione della sicurezza è la sfida più importante della Libia post Gheddafi: il ricambio della classe dirigente e la formazione di un nuovo parlamento hanno sì creato una cesura col passato ma hanno anche riportato in auge storiche rivalità e la dificile questione del controllo dei confini.
Sotto Gheddafi, il controllo dei confini a sud della Libia avrebbe dovuto essere affidato a un progetto di rete elettrificato appaltato a imprese del gruppo Finmeccanica, di cui nel 2011 il fondo sovrano libico Lia aveva acquistato il 2,01% del capitale.

Mentre la minaccia dell’espansione del terrorismo restava latente, la maggior parte dell’attenzione era legata al controllo dei flussi migratori provenienti dal Sahel e che approdavano alle coste libiche per raggiungere l’Europa.
Oggi la minaccia del terrorismo sotto la sigla Aqim, al Qaeda nel Maghreb islamico, sembra preoccupare maggiormente le cancellerie europee. Alcuni capi di gruppi attivi nella crisi degli ostaggi in Algeria pare siano stati visti in Libia durante la guerra civile al fianco delle truppe fedeli a Gheddafi. E molti di questi militanti sono attivi oggi in Mali, seppure è difficile tracciare una mappa dettagliata delle sigle operanti nei diversi scenari. Sebbene l’avanzata e i bombardamenti delle truppe francesi accanto all’esercito regolare del Mali, evitandone così il collasso, sembrano aver ottenuto successo, alcuni analisti temono che questo potrebbe aver riportato l’offensiva terroristica alla clandestinità su un vasto fronte difficilmente controllabile.

Le autorità algerine sono sempre state tiepide sull’intervento occidentale in Libia. E il movimento di gruppi terroristici tra il confine libico-algerino-tunisino è difficile da controllare. Durante le cosiddette primavere arabe l’Unione Europea non è riuscita a imprimere una propria visione di politica estera e altrettanto sta succedendo oggi sotto la minaccia di un’al Qaeda del Maghreb, che si sposta con facilità in una zona desertica non solo per condizioni geografiche ma anche per carenze di infrastrutture di un qualsiasi governo della regione. E come già successo nel delta del Niger o in altre regioni dell’Africa dove gli interessi delle potenze occidentali sono fortemente legati alla produzione di energia, l’escalation di attentati terroristici può solo aumentare l’instabilità della regione in assenza di un’alternativa politica: in un triste binomio di perdite di profitti e perdite di vite umane.

Tra pochi giorni a Bruxelles ci sarà una conferenza internazionale per decidere una missione europea di addestramento di truppe militari in Mali e la Gran Bretagna ha già annunciato che sosterrà il progetto. Ad Adis Abeba, la capitale etiope, si è aperta una conferenza di paesi donatori con l’intento di raccogliere 950m di dollari per sostenere la campagna di forze internazionali in Mali, sotto l’egida dell’Unione Africana. Il Fondo Monetario Internazionale ha appena dato il via libera ad un prestito di 18.4 milioni di dollari per far fronte all’emergenza.

Il controllo di Timbuktu da parte dell’esercito francese e delle truppe regolari del Mali sembrano aver riportato la situazione ad un’apparente normalità, anche se le linee telefoniche e l’energia elettrica sono ancora fuori servizio.

L’ambasciata britannica non ha rilasciato dettagli sull’entità o la natura della minaccia terroristica in Libia. Domenica notte un nuovo attentato ha colpito un gasdotto a sud-est della capitale algerina. Militanti di Aqim hanno lanciato una serie di ordigni rudimentali contro un oleodotto che parte dalla regione sahariana di Hassi R’mel per raggiungere diverse città costiere e rifornire il sud Europa. Si tratta del secondo impianto di gas a livello mondiale e il più importante impianto di gas algerino.

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