Cambiare sesso in Brasile sarà possibile già al raggiungimento dei 18 anni. Il Ministero della Salute brasiliano, infatti, vorrebbe ridurre, dagli attuali 21, a 18 anni l’età minima per sottoporsi ad un intervento chirurgico per il cambio di sesso nelle strutture pubbliche.
Visto che per legge prima di ogni intervento chirurgico sono necessari due anni di terapia psicologica e ormonale, il processo per il cambiamento di sesso, se la proposta’ sarà approvata, comincerà già a 16 anni. Contrario alla proposta del Ministro della Salute, Diaulas Ribeiro, giudice del tribunale per i diritti del malato del Distretto federale e pioniere della lotta per la difesa dei diritti dei transessuali, secondo il quale bisognerebbe invece di innalzare a 25 anni l’età minima per l’operazione, per ridurre al minimo il rischio che il paziente cambi idea.
Milena Passos, vice presidente dell’Associazione brasiliana travestiti e transessuali, è invece favorevole alla proposta del ministero e giudica poco credibile l’ipotesi di un cambiamento di idea del paziente. «Fin da bambino un transessuale si identifica con l’altro sesso. Io sono donna, ma già dall’infanzia mi sento uomo. Perchè dunque aspettare per risolvere questo dilemma? Credo che la decisione venga presa in piena coscienza, anche perché, prima di essa, il paziente è accompagnato per due anni in un percorso multidisciplinare. E, se il sostegno psicologico è stato buono, non è credibile che si cambi idea» sostiene Milena, che ha già cominciato il percorso per cambiare sesso e sottoporsi ad un intervento di falloplastica.
Il primo intervento chirurgico per il cambio di sesso in Brasile è stato eseguito a San Paolo nel 1971, dal dottor Roberto Farina, che venne denunciato per le gravi lesioni inferte al transessuale operato ma venne poi assolto in tribunale perchè i giudici ritennero che l’intervento chirurgico era l’unico rimedio per alleviare le sofferenze del paziente.
Dal 2008, quando gli interventi per il cambio di sesso possono essere effettuati nelle strutture pubbliche, ci sono in media in Brasile due interventi al giorno. «Non dovete confonderci con travestiti, omosessuali, lesbiche, bisessuali o ermafroditi: noi siamo persone nate in un corpo che non riconosciamo come nostro perché differente dalla nostra anima. È una prigione molto dolorosa» rivela Carla Amaral, che attende di essere operata in un ospedale di Curitiba ma che ha già ottenuto, per via legale, il cambio di identità sui documenti.
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