I 90 anni della Turchia e la deriva islamista
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I 90 anni della Turchia e la deriva islamista

Ieri il Paese celebrava l'anniversario della guerra di indipendenza. Ma la Turchia laica di Ataturk è messa a rischio dal premier Erdogan. Manifestano i Giovani Turchi.<br>

I 90 anni della Turchia e la deriva islamista
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20 Maggio 2013 - 09.34


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da Istanbul

Alessandra Vitullo

Ieri la Turchia ha festeggiato il novantesimo anniversario dall’inizio della guerra d’indipendenza, che ha portato alla nascita della sua Repubblica. Il Paese ha commemorato il suo padre fondatore, Mustafa Kemal Ataturk, dedicando l’intera giornata ai giovani e allo sport. In dieci giorni, dal Mar Nero, precisamente dalla provincia di Samsun, dove la querra ebbe inizio, fino ad Ankara, alcuni maratoneti hanno portano la bandiera nazionale al Presidente della Repubblica, Abdullah Gul, che ieri nel suo discorso ha ricordato come la Repubblica sia al sicuro nelle mani dei giovani, che le donano forza ogni giorno.

A Istanbul il movimento dei Giovani Turchi, Genç Türk, recentemente rifondato, e che riprende il nome della stessa organizzazione politica che più di un secolo fa si batté in favore dell’indipendenza turca – ma che successivamente fu colpevole anche dell’orrendo genocidio degli armeni – si è raccolto nel quartiere di Galata per raggiungere in corteo Taksim Meydani, la piazza dove si erge il monumento commemorativo di Ataturk e della fondazione della Repubblica turca.

I Giovani Turchi si inseriscono in un contesto dove il movimento di opposizione al governo di Erdogan diventa sempre più debole, frammentato e disorganizzato, come ci racconta Musa, giornalista freelance statunitense, di origine indiane, e che da dieci anni vive ormai in Tuchia: “Per i movimenti di opposizione la festa della Repubblica si trasforma in un’occasione per esprimere il proprio dissenso contro le politiche dell’Akp, non è precisamente quella che potremmo definire una festa di unione Nazionale.

I gruppi di sinistra, d’ispirazione kemalista, laici, protestano contro una politica che gradualmente sta portando il Paese verso una deriva conservatrice islamica e che sta erodendo tutte le forze della contestazione: si pensi solo al numero di giornalisti che sono nelle carceri turche. Anche quei piccoli provvedimenti presi dal governo: come allungare le gonne delle divise delle hostess della Turkish Airlines, o il divieto di consumare alcolici per strada… sono in realtà dei forti segnali che indicano la direzione verso cui sta andando la Turchia”.

Ieri, alla manifestazione dei Giovani Turchi, hanno preso parte non più di trecento persone, scortate e circondate da altrettanti agenti di polizia in assetto anti-sommossa, seguiti da una schiera di giornalisti e fotografi, alcuni forniti di maschere anti-gas. La tensione sale non appena il corteo prova a lasciare il quartiere di Galata per dirigersi verso piazza Taksim, cercando di passare per una delle vie principali di Istanbul, Istiklal Caddesi (via dell’Indipendenza). Il corteo viene più volte fermato, deviato, fino a quando alcuni agenti, strattonando una ragazza, infuocano lo scontro verbale con i manifestanti, a quel punto il corteo si disperde tra le centinaia di turisti e venditori che affollano le vie della città: “La presenza della polizia è massiva durante tutti i tipi di manifestazione – ci racconta Maja, che nel settembre scorso fu colpito dalle manganellate di un agente, durante una protesta della minoranza curda – così la gente resta a casa, preferisce non cercare problemi, scendendo a manifestare”.

Un altro centinaio di agenti aspettavano il corteo in piazza Taksim, ma nessun manifestante oggi ha raggiunto il monumento alla Repubblica, dove solo due corone di fiori e una grande effige di Ataturk in lontananza fanno venire il presentimento al turista distratto che oggi ad Istanbul si celebrava qualcosa.

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