La città è in ginocchio. Terza notte di scontri alla periferia di Stoccolma, con una trentina di auto e numerosi edifici dati alle fiamme dagli attivisti del gruppo Megafonen, un’organizzazione per la difesa dei diritti degli immigrati. I disordini si sono estesi dai sobborghi nord-occidentali a quelli meridionali della capitale svedese, allargando la rivolta innescata dall’uccisione di un sessantanovenne armato di coltello da parte della polizia, il 13 maggio.
I manifestanti hanno incendiato una scuola e un asilo e hanno lanciato sassi contro i mezzi dei vigili del fuoco e della polizia. A Husby, il sobborgo in cui è esplosa la rivolta, un uomo eèstato arrestato per aver dato alle fiamme un laboratorio artigianale.
Il premier svedese, Fredrik Reinfeldt, ha lanciato un appello con cui ha chiesto a “tutti di prendersi la responsabilità di riportare la calma”. “È importante ricordare che dare fuoco all’auto del tuo vicino non è libertà di espressione, è teppismo”, ha affermato.
I disordini hanno riacceso il dibattito sull’immigrazione in un Paese che ha sempre avuto una normativa molto generosa. Reinfeldt ha ammesso la necessità di restringere i tempi di integrazione dei nuovi arrivati ma il partito anti-immigrazione Democratici svedesi ha denunciato l'”irresponsabile” linea seguita dal governo su questa materia.