Non sembra rientrato l’allarme in Tunisia, dopo i gravi scontri di domenica nelle città di Kairouan e Ettadhamen, causati da un centinaio di manifestanti appartenenti al gruppo salafita di Ansar Al-Sharia (partigiani della Legge coranica) contro le forze dell’ordine.
Il movimento, infatti, attraverso la voce del capo salafita Mohamed Khalif, ha annunciato di voler tenere la conferenza del gruppo la prossima domenica a Kairouan, senza aver ottenuto almeno per ora l’autorizzazione delle autorità. L’intenzione del movimento sarebbe quella di evitare l’escalation di violenza e di negoziare con la coalizione al potere la possibilità di tenere il proprio convegno in una condizione di legalità.
Il problema che si pone oggi agli organi di pubblica sicurezza non è rappresentato unicamente dal rapporto tra Ansar Al-Sharia e le forze dell’ordine, ma dalle frange più povere della popolazione tunisina, sempre più vicine al movimento salafita. Basti pensare a Ettahdamen, sobborgo settentrionale di Tunisi, che è stato il teatro degli scontri di Domenica scorsa e, allo stesso tempo, la roccaforte che ha determinato la fuga di Ben Alì il 14 Gennaio del 2011. La saldatura tra gli abitanti dei quartieri popolari e l’Islam radicale è il risultato della politica di proselitismo portata avanti dal movimento di Ansar Al-Sharia nelle zone più povere e nella periferia di Tunisi, con l’intento di acquisire consenso attraverso una rete di servizi sociali rivolti principalmente ai giovani. Questi piccoli gruppi di ragazzi, vero tessuto connettivo del movimento, hanno inoltre elaborato un programma specifico per la Sanità, il Turismo, l’Educazione e lo Sport, che è stato presentato lo scorso maggio durante l’Assemblea nazionale del movimento salafita.
Nonostante ciò, il consenso effettivo ad Ansar Al-Sharia, che conta non più di ventimila militanti, è assolutamente insufficiente per sfidare il governo tunisino.
Dall’altra parte il partito Ennhada, che guida la coalizione al potere dall’autunno del 2011, sta prendendo le distanze dal movimento salafita, a conferma della crisi di credibilità di cui soffre la classe dirigente tunisina accusata di inettitudine dalla sinistra e dall’opposizione per la gestione dell’amministrazione e della sicurezza di un Paese che si trova a dover affrontare una situazione particolarmente tesa e sempre più grave.
L’assassinio dell’oppositore di sinistra Chokri Belaid il 6 febbraio e l’attentato contro l’ambasciata americana a Tunisi del settembre scorso, sembrano dunque aver finalmente portato l’ala più laica e moderata di Ennhada a prendere posizione contro Ansar Al-Sharia, isolandola. Il partito, inoltre, cerca di non indebolirsi ulteriormente di fronte all’ormai consumata rottura fra il popolo e le istituzioni soprattutto nelle aree più povere e periferiche del Paese.
La Tunisia deve aspirare ad una forma consensuale di legittimità, sulla base di una presa di coscienza collettiva della necessità del metodo democratico. A questo proposito è fondamentale l’eventuale ruolo dei Paesi del Mediterraneo, in particolare dell’Italia, nel fornire alla Tunisia assistenza per superare una situazione di alta tensione e di crescente paura per il futuro. Ed è proprio il ministro tunisino del Turismo Jamel Gamra, presente a Roma nei giorni scorsi per presentare i punti fondamentali della nuova strategia di promozione turistica, a sottolineare la necessità di sostenere la Tunisia democratica. “Chi vuole aiutare il processo di democratizzazione della Tunisia venga da noi in vacanza”. Dichiarazioni che puntano al rilancio del settore turistico, pilastro fondamentale dell’economia del Paese nordafricano.