da Addis Abeba
Sara DatturiSono qui in questa terra africana, dopo una giornata lunga e forte. Mi ritrovo a riflettere su questa dolce esistenza. Dolce quanto forte, tremenda, assetata di potere e ineguaglianze. Ancora tante domande, amarezze e speranza in guardare, osservare e imparare da quest’umanità che avanza compatta, che riesiste e vive.
Queste donne così belle nelle loro rughe affossate da lavoro quotidiano, bimbi che ridono, cadono giocano con il cielo e la terra. Stasera, mentre tornavamo a casa con il buio ormai fitto, in mezzo a questa valle incantata e dannata pensavo a quanto siamo noi spaventati dal buio. Fin da bambini connettiamo lo scuro, lo sconosciuto, il nero, il buio con spavento, la paura di non sapere e conoscere cosa e chi c’è vicino.
Qui, invece, lo scorrere delle giornate segue il defluire lento e costante del cielo, della pioggia, della terra. Fonti naturali con cui lavorare e coesistere, da conservare e amare. Cura costante, conoscenza di ciò che ci si a vicino, anche nel buio della notte. Tanti bambini che ancora correvano per le strade calciando i loro palloni di calzini incrociati.. Tanti carri con taniche gialle limone di plastica con dentro acqua. Una risorsa naturale indispensabile dannatamente intrecciata con la sopravvivenza dell’intera esistenza. Misterioso e desiderato elemento di questa sempre amata città di angeli terrestri.
