Stamattina la Turchia si è svegliata senza nessun cinguettio: le minacce del premier islamico Recep Tayyip Erdogan, invischiato negli scandali di corruzione da telefonate compromettenti intercettate uscite nelle ultime settimane su twitter, la rete sociale è stata bloccate durante la notte in tutto il paese. «Sradicheremo twitter. Non mi interessa quello che potrà dire la comunità internazionale» aveva gridato ieri ad un comizio a Bursa il ‘sultanò di Ankara, al potere da 12 anni. «Vedranno cosi la forza della Turchia», aveva aggiunto. Nella notte l’autorità delle telecomunicazioni turca Btk, cui una legge sul controllo di internet del mese scorso – definita ‘legge bavagliò dall’opposizione – ha dato poteri straordinari, ha bloccato l’accesso a twitter. Un fatto senza precedenti nel paese. Secondo Hurriyet online la Btk ha indicato di essersi ispirata a tre sentenze giudiziarie e ad una decisione del procuratore generale di Istanbul.
Dopo l’esplosione della tangentopoli del Bosforo che coinvolge decine di personalità del regime, Erdogan ha rimosso migliaia di poliziotti e centinaia di magistrati, fra cui i responsabili delle inchieste sulla corruzione. Secondo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, che denuncia una svolta autoritaria e chiede le dimissioni immediate del premier, Erdogan è «pronto a tutto» per restare al potere e insabbiare le inchieste anti-corruzione, che ha definito un «tentativo di colpo di stato» orchestrato dagli ex-alleati della confraternita islamica di Fetullah Gulen. Lo scandalo corruzione domina la campagna per le cruciali elezioni amministrative del 30 marzo che potrebbero essere decisive per il futuro politico di Erdogan. Il mese scorso Erdogan aveva già minacciato di bloccare Facebook e Youtube. Già questa notte la commissaria europea per le nuove tecnologie Neelie Kroes ha condannato il blocco di Twitter in Turchia. «L’interdizione di Twitter in Turchia è senza fondamento, inutile e vile», ha scritto. Il popolo turco e la comunità internazionale vedranno questo come una censura. Cosa che è davvero«.
Pioggia di condanne – La stampa turca non governativa ha denunciato questa mattina l’atto di ‘censura’ deciso nella notte dal governo del premier Recep Tayyip Erdogan con il blocco di twitter. Cumhuriyet scrive che questa decisione «mette la Turchia al livello di paesi come la Corea del Nord». «Intrappolato nelle inchieste anti-corruzione, aggiunge il quotidiano di opposizione, Erdogan ha scelto ancora una volta di vietare». Il quotidiano più diffuso del paese, Zaman, vicino alla confraternita islamica di Fetullah Gulen, titola «Duro colpo alla libertà, chiuso twitter». Sulle reti sociali si è scatenata la protesta degli utenti. Twitter ha predisposto misure alternative per i suoi utenti turchi per aggirare il divieto ufficiale. Sulla rete sociale internazionale gli hashtag di protesta ‘#TwitterisblockedinTurkey’ e ‘#DictatorErdogan’ sono rapidamente diventati trend topics mondiali. Manifestazioni di protesta sono previste a Istanbul, Ankara e Smirne, le tre principali città del paese.
Mwitter – Poche ore dopo le minacce del premier turco Recep Tayyip Erdogan di chiudere Twitter, seguite da un’effettiva chiusura del sito in Turchia, è stato registrato un nuovo dominio che ha l’aria di essere un tentativo semiserio di sostituirlo. Si tratta di ‘Mwitter’, il cui nome è stato ispirato proprio dalle frasi di Erdogan. «Twitter, mwitter kokunu kaziyacagiz», ha detto il premier ieri in un comizio. Una frase che può essere tradotta all’incirca con: «Sradicheremo Twitter e tutto il resto». Non si sa se il sito sia stato registrato da avversari di Erdogan intenzionati a prendersi gioco di lui o da suoi ‘discepoli’. Sul sito (http://www.mivitir.com/) per ora appare un’unica frase, che dice: «Dicci di chiudere e noi lo faremo, Padrone. Siamo pronti».